Certe cose non cambiano mai.
Altre, per fortuna, sì.

giovedì 30 giugno 2011

Bastava dirlo.

La Tina potrebbe aver accennato al fatto che da qualche tempo a questa parte subiva un blocco della creatività. Così, en passant.

Il suo libro la fissava dallo schermo del pc, vagamente perplesso per il fatto che lei trovasse qualsiasi cosa da fare piuttosto che continuare a scrivere: dal riordinare i vestiti sparsi ovunque a rimettere i sandali nelle loro scatole, dal risolvere l'onnipresente sudoku a leggere giornali di gossip online. Per dire, attività essenziali e utili alla società.
Quando non chiamava l' amica amorevole che l'ascoltava mentre lei scapocciava per varie&eventuali.

La verità è che a lei seccava enormemente questa cosa.
E quindi, tutto andava bene piuttosto che sedersi lì, rileggere le ultime righe o talvolta pagine, correggere due parole, cambiare un tempo verbale e poi chiudere tutto sapendo di non aver aggiunto nulla alla propria opera.


Ma oggi, oggi è un giornatone.
Eh sì perchè la Tina oggi ha avuto l'illuminazione. L'epifania.


Stava aprendo il suo tesoro, e ha improvvisamente realizzato che c'era un motivo per cui la cosa non proseguiva. Ed era semplicissimo. Una di quelle cose che quando la capisci dici "era così ovvio!" ma finchè non ci arrivi ti dibatti nella melma fetente del dubbio.


Il motivo per cui non si andava avanti è che alla protagonista NON GLIENE FREGAVA NULLA di quello che la Tina scriveva. Lei se la immagina così, che si annoia mentre 'sta stordita di scrittrice cerca di arrivarci con il criceto bruciato che le gira nella testa.

La piccola protagonista voleva parlare di altro, non di cose da fare o di preoccupazioni da affrontare ma di vita allegra, dei suoi adorati fratelli, e quando lei scriveva puntava i piedini e pensava uffa, non ci arriva, che palle. E io sto qui e non mi schiodo, tiè.


Ma ora la Tina e la protagonista si sono fissate negli occhi, si sono sorrise e capite. E la storia è ripartita, oltretutto su un pezzo che lei non vedeva l'ora di scrivere.
Uno di quelli che da uno svoltone alla vita e su cui lei ha ricamato particolari, intrecciato storie e fili da illo tempore aspettando solo il momento di buttarlo giù. Come a dire... meglio di così non si può chiedere.


Certo che gioiello... potevi dirlo prima, neh. Io mi arrovello da giorni.... :p

martedì 28 giugno 2011

La ridarola.

La Tina ha la ridarola. Ma di brutto, tipo il ghghghgh da Pollon quando fa gli occhi così:



Ora ci potremmo chiedere perchè mai la ragazza sia così ridanciana e spensierata.


Condividiamolo.


Quindi, siamo ad un aperitivo di compleanno con tante persone, alcune note altro manco un po', a ridere e scherzare bevendo birra ghiacciata. La Tina, che ha rifuggito qualsiasi occasione pubblica dal suo ritorno a casa per la ben nota sindrome sudoku mischiata a quel sottile panico da ma-dove-vado-tanto-non-conosco-nessuno, decide di tirar su le spalle e partecipa.

Rivede, fra le altre persone, l'amico di un'amica, uomo solare ed allegro con cui si intrattiene a parlare per circa... Mmh, 4 ore. Sì, 4 ore fitte di parole e sguardi e discorsi e risate e quel senso di ma-dai-anche-tu, no-ti-prego-non-dirmi-che-ti-piace-quella-cosa-che-mi-crolla-tutto-il-castello-mentale.
Una di quelle belle persone che ci si mette un'ora a salutare prima di andare via, come due adolescenti cretini sul marciapiede, soli in mezzo alla notte, ah che notte.

E quindi.

Dopo meno di 12 ore che si sono salutati, i nostri 14enni in erba si risentono, e una manciata di ore dopo si rivedono per un altro pomeriggio di raccontami ancora quella cosa, cosa ti piace, ah sì e poi volevo dirti anche....


Ora. Non è che siano state fatte le pubblicazioni, vero?
E' più una cosa tipo usciamo a conoscere una persona nuova, raccontiamoci un po' e non abbiamo paura a lasciarci andare, no?


La Tina teme d'aver calcato un po' troppo la mano in passato sul suo essere single da + di 3 anni, sul non so bene se credere di poter stare bene in una relazione, sul suo (sano?) cinismo esistenziale che la fa sembrare molto + dura di quanto sia in realtà.

Perchè il motivo vero per cui la Tina ghigna come Pollon è vedere la reazione degli amici, che evidentemente giammai si aspettavano di sentire da lei le parole "oh, sono uscita con un uomo". Delle poche persone che hanno sentito questa notizia, sono emerse le perle

. come ci si veste alle nozze? Per il vestito delle damigelle io eviterei il pervinca, che fa così demodè

. ma senti che è una cosa seria?

. ma come hai potuto farlo? (ndr, uscire con lui, questa me l'ha detta un amico che è rimasto particolarmente male per la news. Senza che fra me e lui ci fosse nulla di nulla, quindi semplicemente perchè è + bello se io sono single)

. ....sarai mica già innamorata?


Oh perdiana. Non si riesce a smettere di ridere!!

lunedì 27 giugno 2011

Welcome to the family, Ralph.

Sabato è stata una giornata intensa.

In un luogo tranquillo, sereno, pieno di verde e di ordine e di pace, c'è un cimitero di guerra. Vi sono sepolti quasi 1.000 uomini che durante la Seconda Guerra Mondiale hanno partecipato alla Liberazione in Italia, morendovi.
Passeggiare fra quelle file di tombe bianche, ognuna col nome del militare caduto, lo stemma e il nome del suo corpo d'appartenenza e un messaggio della famiglia, aiuta a ridimensionare di molto le proprie preoccupazioni.


Sulle lapidi è indicata anche l'età del morto. Sono numeri bassi, molto bassi. 19 anni, 21, 23, la maggior parte è decisamente troppo giovane per essere morta. I messaggi sono quasi tutti di famiglie che aspettavano di veder tornare dei figli, dei fratelli, dei nipoti. I più grandi erano intorno ai 45 anni.


Non voglio certo politicizzare o storicizzare la loro morte. Non esalterò mai la guerra, e sono convinta - dal basso del mio cinismo - che non sia mai il solo buon cuore, purtroppo, a far decidere ad uno Stato di mandare i suoi eserciti a morire per liberare un altro paese.

Ma resta il fatto che sono qui, e sono morti, ed erano giovani, spesso più giovani di me.


Sabato, con una cerimonia tutta piena di discorsi ufficiali e picchetti d'onore e piccole parate, tutti così inutili, sono state "adottate" alcune delle tombe. Un comitato ha scelto di affidare a delle famiglie del luogo la cura di una singola tomba, con la richiesta di visitarla almeno una volta l'anno visto la lontananza della famiglia di origine.
E così nella mia famiglia è entrato Ralph. Aveva 44 anni, era un veterano. Faceva l'artigliere. La moglie e il figlio lo aspettavano nel Kent, dove non è tornato.

Il 1 Luglio è l'anniversario della sua morte, così dice la lapide. E così, fra 4 giorni andrò a trovarlo con una bella piantina da interrare nella terra morbida sulla tomba, e starò lì a chiacchierare un po' con lui, sperando non si sia sentito troppo solo in tutti questi anni.

Benvenuto in famiglia, Ralph.

venerdì 24 giugno 2011

Eh la vita, la vita...

Si sa che la vita ha un modo tutto suo di giocare. A volte ti spernacchia un po' carogna, a volte si prende il lusso di coccolarti, ti fa le moine e tu credi che tutto vada benissimo.

La vita della Tina è quasi sempre ironica, a volte diciamo con grazia, a volte un po' meno - d'altro canto non è certo sua la frase life is a bitch!


Ieri pomeriggio la Tina ha preso un aperitivo con un amico di lunghissima data, e si sono scambiati un po' di impressioni sul momento che entrambi vivono.


Le battute della Tina avrebbero potuto essere un po' le solite, come dire che la ragazza ultimamente mette sempre lo stesso disco: libro fermo bla bla bla botto macchina niente soldi bla bla viaggi ma quando mai bla bla sono immobile sigh bla bla.

Ma a quanto pare pure la vita dev'essersi un'attimino rotta i cogl stufata di tutto questo e così ieri le ha messo davanti un uomo in crisi, che cercava di spezzare il suo malessere con battute acide su se stesso, la sua incapacità di vivere con serenità quello che sta attraversando e di ricostruirsi un po' di equilibrio.

Davanti al suo star male, a lei è venuto da pensare che davvero ci sono momenti in cui, anche senza che ti arrivi sulla testa la proverbiale mazzata, ti si illumina nel cervello una lampadina e capisci che non potrai mai risolvere i problemi altrui, specie quelli che sono dannatamente fuori dalla tua portata, ma puoi offrire due orecchie che ascoltano, una spalla - metaforica ma non solo - su cui piangere, una bocca e un cuore che possono offrire consigli, o pareri, o sorrisi.


E' stato un aperitivo bellissimo.

giovedì 23 giugno 2011

Punti di vista

"Il tempo cambia molte cose nella vita, il senso le amicizie le opinioni, che voglia di cambiare che c'è in me....", cantava il buon Battiato qualche anno fa.

Com'è vero che si cambia. Alla Tine nell'ultimo periodo s'è stravolto il punto di vista. Si sente come una persona che per anni ha osservato il panorama da una finestra e s'è così abituata al paesaggio da trovarlo naturale, ovvio, immutabile. Improvvisamente ha cambiato finestra e perdiana, è tutto un altro mondo!


La Tina è andata via di casa a 19 anni. Ha vissuto fuori, ha amato luoghi lontani, ha conosciuto posti così diversi fra loro da non sembrare dello stesso pianeta. Curiosamente, il suo posto preferitissimo è rimasto negli anni una città enorme, freddina e piovosa, ma per lei un pezzo di cuore.


Ma a parte ciò, la costante di questi ultimi.... 14 anni della sua vita è sempre stata la lontananza da casa sua, dalla sua famiglia. Questa lontananza l'ha portata a convincersi, col tempo, di bastare a se stessa, di potersela sempre cavare da sola, di essere oh così forte.
Uahahaha!


Pochi mesi fa, il suo grande sogno - dedicarsi alla scrittura, misurarsi con se stessa nel realizzarlo - l'ha messa davanti ad una bella scelta. Ok, cara, vuoi fare questo? Sai la cosa migliore qual'è? Torna a casa, Lessie!





Riabituati a vivere secondo il ritmo di una famiglia.
Pare semplice. Ma la Tina, nonostante le due convivenze passate - di cui un giorno potremo anche parlare - e le innumerevoli persone con cui ha condiviso gli affitti negli anni, specie all'università, la vita familiare non l'ha più fatta.
Per fortuna non è difficile, dal momento che i suoi genitori la conoscono molto bene.


E così abbiamo un papà-orso perennemente perso nelle sue cose, davanti al pc a scoprire il mondo attraverso lo schermo - non è un grande amante dell'aria aperta, papà-orso - che quando scherza e ti prende in giro lo fa in dialetto piemontese, il suo.

E mamma-sicula, che nella sua infinita saggezza capisce tante cose ma si lamenta di un sacco di altre. E anche lei sfodera il suo dialetto per detti popolari e quando si innervosisce, cosa che rende le conversazioni molto più interessanti.


Stanno cercando di darle la possibilità di realizzare il suo sogno, e al di là di come andrà questo già merita una gratitudine enorme. Che poi andrà bene.... Se io e la tipa che batte il piedino ci capiamo.



E la Tina sta imparando, chè non è mai troppo tardi per imparare, che la forza vera non è essere lontani e reggersi da soli. E' fare parte di qualcosa di più grande, è essere presenti quando serve, quando le cose non girano bene. E' scordarsi la propria incensata autonomia per riappropriarsi della propria famiglia.



Stranamente, la Tina si sente più forte ora di prima. Questione di punti di vista.

martedì 21 giugno 2011

Neanche.

A volte il segreto di tutto è ciò che raccontiamo a noi stessi, ciò in cui crediamo.
Non importa cosa vedono gli altri. Importa ciò che è dentro di noi.


Stamattina mi sono svegliata ancora un po' instupidita dalla serie che ieri mi sono vista. Vampiri, licantropi e fate, magie e mutaforma, insomma nulla di collegato alla realtà. Me ne sono divorata circa 10 puntate in un giorno solo, godendomi quell'immersione da annegamento che è il mio modo di vivere tante cose, lasciandone in disparte altre.

Ma la sensazione di questa mattina è stata quella di aver visto vivere altre storie senza aver mosso un dito della mia. Niente affatto divertente, come primo pensiero della giornata.


Il secondo è stato per il mio libro. La storia è momentaneamente in stand by perchè non sappiamo bene, io e la protagonista, come vogliamo evolvere. Io sono ferma a considerare la mia vita, quello che ho fatto, dove mi sono persa per strada - ma mi sono persa davvero? Lei è lì che batte il piedino con lo sguardo perplesso pensando alla sua, ed entrambe ci giriamo intorno, ci aspettiamo senza incontrarci nei momenti clou, quelli in cui si decide e si trasforma il pensiero in azione.
E allora sai cosa?
Io ricomincio a scrivere, tu ti smuovi dall'immobilismo in cui ti sei cementificata, bellina.


Il terzo pensiero è stato per il tempo.
21 giugno.

Oggi è il 21 giugno.
E quindi domani è il 22 - niente applausi, prego.
Se domani è il 22 giugno significa che io sono a casa da 2 mesi. Non si scappa dalla logica numerica, è stringente. Se il 22 aprile arrivi, il 22 giugno sono 2 mesi che sei qui.
E in questi 2 mesi io non ho realizzato nulla. Nullissima. Non ho scritto se non saltuariamente, non ho conosciuto neppure una persona nuova, non sono cresciuta. Non ho scoperto nulla di me.
Beh, diamo a Cesare quel ch'è di Cesare e alla Tina quel ch'è della Tina. Ho letto libri e visto film, ho chiacchierato un po' con qualche amico per fortuna prezioso, ma poco davvero. Ho fatto qualche passeggiata.


Via, ci si può aspettare di più da se stessi e dalla propria vita.

E quindi, siccome ciò che è importante è quello che noi abbiamo dentro, io ho deciso che oggi, non domani, svolto.
E siccome oggi è l'ultimo giorno buono, io da qui inizio, perchè devo poter dire a me stessa che non è neanche 2 mesi che sono a casa e mi sono rimessa in piedi, in equilibrio, senza perdermi ulteriormente in scuse banali date a me stessa o in peregrinazioni mentali fuori dalla realtà.


Domani saranno 2 mesi dal mio ritorno a casa. E io voglio essere felice di me stessa.

lunedì 20 giugno 2011

OggiAMO

La dolce Nina mi invita a condividere ciò che amo dell'estate.

Beh, mi piace farlo il giorno prima che inizi ufficialmente.

OggiAMO... cosa?

Mille cose, ma le prime a venirmi in mente sono...

Loro,


così leggere, così luminose, prendono la luce del sole e la riflettono sulla loro superficie e la regalano come un arcobaleno solo per te, da godere per pochi istanti, prima che scompaia in un pop leggero.

Il mio antitristrezza personale, da condividere con chi ti guarda un po' stupito dal balcone accanto mentre adulta ti dedichi a questi passatempi da bambini, o con i piccoli che insieme a te ridono e le fissano rapiti e le rincorrono per farsele scoppiare sulla pelle.

Sedersi sulle mattonelle calde del balcone e sentire la pelle che brucia attraverso la stoffa leggera, godere di quella sensazione che penetra fino nelle ossa e fa rinascere. 

L'aria fredda della notte, che dopo l'afa del giorno sembra una benedizione, e ti fa tremare leggermente e venire la pelle d'oca ma è così piacevole che solo una stola leggera buttata sulle spalle ti sembra adatta a godersela tutta.

E poi il cielo, che può essere azzurrissimo e senza una nuvola come in questo momento, o regalare tramonti che sembrano quadri e vanno solo ammirati.



giovedì 16 giugno 2011

E' partito dalla crema.

La Tina sta facendo shopping di minchiatelle cose utilissime.
Nota un sapone senza sapone, anzi gel, cioè lozione scrub per pulire la pelle, insomma un flaconcino perlaceo e luccicoso di roba profumata per la faccia e, come le gazze, è attratta e lo compra.

Ma le serve, eh.
Mica lo compra per niente.

Tornata a casa, corre a lavarsi la faccia col suddetto sapone e si compiace con se stessa per l'acquisto.
Se l'era già lavata ma che fai, non lo provi subito? Quando mai.
Uh come mi serviva. Uh come non ne potevo fare a meno. 

 A questo punto scopre che, surprise surprise, aveva già a casa il fluido magico. E lo scrub. E lo struccante. E la fangazza color palude da stendere in faccia per avere quell'aspetto casalinga-anni-'50 coi capelli tenuti su col fascione e le zone pulite intorno a occhi e bocca.
Lasciando poi perdere il fatto che ultimamente vada in giro struccata, con l'aria da sì-il-letto-è-il-mio-migliore-amico.



E qui scatta la riflessione.
Al di là del consumismo - quante cose compriamo che abbiamo già?
Quante ne iniziamo per poi prenderne altre? La Tina pensa alle creme per le mani e ai burrocacao, le sue droghe personali. Potrebbe usarli come intrepidi soldatini nei giochi di ruolo, a cercare bene ne avrà a saccocciate.

Senza focalizzarci troppo sui prodotti per il corpo, magari prendiamo qualcosa che non ci serve davvero ma ci piace più di quello che abbiamo già. O è un po' diverso, ha una sfumatura più bella, è più funzionale.

E di quello che vorremmo fare, e non comprare?
La prima che viene in mente è l'abbonamento in palestra, che è tanto caro ma fa tanto bene e ci vogliamo vedere in forma, no? E dopo aver deciso fra il kick boxing e il tai chi chuan, e quali muscoli rassodare senza diventare un terzino o un lottatore di peso, alla quarta lezione ti si accavallano gli impegni e dalla quinta in poi ti scordi quasi di andare.


Siamo pieni di cose, sia materiali che mentali. Ci perdiamo come un'anatra ad un incrocio stradale e non sappiamo bene cosa sia importante e cosa meno.


Allora la Tina adesso si scrive sull'agendina quello che deve, anzi che vuole fare. Le cose importanti. Vediamo poi se si riesce anche a realizzarne qualcuna.


...Che poi uno dice che comprare le creme per il viso non fa bene, guarda che popò di propositi fa partorire. Sarà la pelle più pulita...

mercoledì 15 giugno 2011

La mia poesia.

L'ho scoperta tramite un film di Clint Eastwood, Invictus.
E' la storia di Nelson Mandela al momento della scarcerazione, dopo una prigionia durata quasi 30 anni, dei sui tentativi di riappacificare la popolazione sudafricana smembrata dall'apartheid.

Il titolo è ripreso dalla poesia Invictus - per l'appunto - di William Henley, un uomo di una sfortuna pazzesca. Si beccò ancora bambino una forma di tubercolosi che gli fece trascorrere una vita d'inferno, portandolo all'amputazione di una gamba e a frequenti periodi di riposo forzato. Questa poesia è stata scritta sul letto di un ospedale.

Nelson Mandela la recitava per trovare coraggio durante la prigionia, quando era rinchiuso in una cella di pochi metri quadrati.

E' diventata il mio mantra, l'ho stampata su un cartoncino che tengo come segnalibro nell'agenda così ho modo di rileggerla spesso, l'ho imparata a memoria per raccontarmela nella mente.


In questi giorni non proprio luminosi mi da coraggio.
Certo non mi serve il coraggio che serviva a Mandela in prigione. Ma come abbiamo già avuto modo di dire, ognuno affronta le sue battaglie e i suoi demoni. E ognuno trova coraggio come riesce.


Ve la regalo.


"Dal profondo della notte che mi avvolge,
nera come un pozzo profondo da polo a polo,
ringrazio qualunque dei esistano
per la mia anima inconquistable.

Nella morsa feroce delle circostanze
non ho sussultato nè urlato.
Sotto i colpi del fato
la mia testa sanguina, ma non si china.

Oltre questo luogo di collera e lacrime
incombe l'Orrore dell'ombra,
eppure la minaccia degli anni
mi trova, e mi troverà, senza paura.

Non importa quanto sia stretta la soglia,
quanto carica di punizioni la vita,
io sono il padrone del mio destino:
io sono il capitano della mia anima."

martedì 14 giugno 2011

Grazie


A chi domenica e lunedì ha compiuto il suo dovere di cittadino andando a votare.

A chi l'ha fatto convintissimo delle crocette da segnare e a chi s'è fatto consigliare da altri.

A chi s'è informato prima e s'è convinto della necessità di impiegare così qualche minuto del proprio tempo.

A chi l'ha fatto pensando al futuro dei propri figli e a chi ha creduto solo che un mondo migliore è possibile e sta a noi realizzarlo.

A chi è andato da solo e a chi ci ha portato parenti e amici, genitori e figli, come a una scampagnata in famiglia.

A chi l'ha fatto a prescindere dal proprio credo politico, chè l'acqua e l'energia e il giustizia non sono cose che riguardano un partito più che un altro.

A chi ha regalato una senso di forza e la possibilità di riscatto ad un paese stravolto dall'indifferenza, dall'insofferenza, dalla nausea per ciò che la politica ci costringe ad ingoiare.


Grazie di cuore, a tutti noi.

lunedì 13 giugno 2011

Adozione.

Il mio approccio alle problematiche di infertilità è indiretto. Non avendo mai cercato la gravidanza non so se un domani sarò in grado di avere figli o no. Non so se dovrò affrontare la fatica, lo scoramento, i dubbi e le paure di cure mediche e visite, l'umiliazione di diventare un tester su cui esercitare vari rimedi e incrociamo le dita che ci sia buon esito.

Fin da piccola mi sono sentita supercoccolata da una coppia di zii che facevano delle mie vacanze un gran divertimento. Mi riempivano di attenzioni e di cure e di amore, amore che purtroppo non riuscivano a dare a figli propri perchè non ne potevano avere.
Ho seguito, nella completa innocenza di bambina, i racconti di mamma e della zia sui tentativi andati a vuoto, le cure spesso dolorose - parliamo di 20-30 anni fa - e gli insuccessi che venivano a coronare il tutto, ogni maledetta volta.
Dopo anni, anni di speranze infrante e dolori che so esserci stati pur non avendoli mai visti, i miei zii vanno a fare una vacanza con una coppia di amici. Lei è di origine rumena, li porta a visitare fra gli altri il suo paese.
I miei zii trovano una realtà inimmaginabile di sofferenza e povertà e tornano con un'idea. Adottiamo due bambini lì.
Ci sono voluti mesi di visite, contatti, controlli sull'idoneità e mille altre cose. Viaggi avanti e indietro.

Un giorno partono, stanchi, scoraggiati dalle mille beghe che accompagnano questa loro scelta, quasi impauriti di non riuscire a portarla a termine. Ma partono dicendo noi torniamo con le figlie.
Giornate di attesa a casa nostra, speriamo che vada tutto bene.
L'urlo di gioia che mia mamma ha lanciato rispondendo al telefono, quando mia zia ha telefonato appena passato il confine italiano dicendo abbiamo le bambine!!, io lo vorrei condividere col mondo.
La macchina stracarica di vestiti da bambini, giocattoli, passeggini e mille altre cose per le bimbe.


La gioia immensa di vedere queste due personcine così piccole, sconosciute, queste bambine la cui fiducia totale va conquistata un bicchiere d'acqua e una carezza alla volta, che poi ti entrano sottopelle e diventano parte della tua vita e della tua famiglia, e a cui ti leghi in modo fortissimo, fino a diventare la confidente di fatti piccoli e grandi, quella con cui ridere e scherzare e prendere in giro i genitori.

Sentire la loro rabbia quando tornando dalle scuole elementari dicevano i miei compagni mi prendono in giro perchè dicono che sono adottata. E allora? Tu digli che i tuoi genitori ti hanno voluta e cercata, e siccome una figlia stupenda come te non la trovavano vicino sono venuti lontanissimo a prenderti.

Spiegare con calma che sì, i bambini nascono così e cosà, ma ci sono coppie che i figli li hanno in modo diverso, e questo non vuol dire che li amino di meno. Che non lottino per averli. E che una volta avuti, non diano tutta la loro attenzione, il loro amore, la loro pazienza infinita, il meglio delle proprie capacità a quei bambini. Lo crede chi non conosce il rapporto fra genitori e figli adottivi.


Questo pensiero confuso nasce dalla lettura di un post della cara Nina scritto da The Queen Father sulle donne fallite/fallate, ovvero quelle che non riescono ad avere figli. L'ho letto, riletto, compreso e apprezzato. Ma mi si è stretta la gola sull'accenno a "tutti gli altri che sono solo buoni a ....suggerire che forse si potrebbe anche pensare all'adozione" in mezzo a un insieme di atteggiamenti di scarsa comprensione, di poca umanità.

Lo so che è un discorso di quelli che finchè non ci sei dentro da protagonista non li puoi comprendere. Ma parlare di adozione ad una coppia che non riesce a procreare può essere un modo per far tacere il discorso (hai pur sempre una scappatoia, non ti lamentare troppo) oppure un modo per aiutare a considerare e comprendere un atto di amore immenso, una decisione difficile da prendere ma che ripaga di qualsiasi fatica.

Spero di essere riuscita a spiegarmi, e di non aver offeso nessuna delle persone splendide che lottano per realizzare i propri sogni.

venerdì 10 giugno 2011

Il senso del tempo.

La Tina ha dormito poco - e già non partiamo bene.

Si è dovuta alzare presto per andare dal dentista, davanti al quale ha sbadigliato come una foca monaca mentre lui cercava di convincerla a stare ferma e lei si asciugava le lacrime col bavaglino anti bavetta - giuro.

Ha fatto la spesa e organizzato un po' di cena per stasera, visto che ci sono ospiti fra cui il cuginetto 3enne - abbiamo le bolle di sapone in casa? Sì? Allora la cosa più importante c'è. Almeno lato intrattenimento.


Ma oggi è venerdì. Non sabato come lei pensava. Venerdì.
E cosa c'è da fare venerdì?

Andare dal carrozziere a portare l'ultima tranche del pagamento, e così chiudiamo la partita. Siccome il pagamento va fatto in contanti la Tina arriverà con una mazzetta di banconote alta un dito - e senza augurarti di finire colpito da un fulmine, mio delizioso amico.
I sogni vacanziferi dell'estate si infrangono sul tuo conto, ma ti vu bi un sacco, eh.


Riguardando le foto dell'incidente, impietosamente finite fra quelle del matrimonio - oh guarda che bel vestito la sposa, guarda che scenetta simpatica al ristorante, CACCHIO GUARDA CHE MINA HO DATO ALLA MACCHINA IN AUTOSTRADA! - pensa che è passato poco più di un mese e mezzo, la macchina ha già rifatto mezza Italia ed è bella come il sole. Solo, visto il tempo magnifico dei giorni passati e le corse in autostrada, un po' sporchina.


Chissà che durante il weekend il sole non brilli abbastanza da darle la voglia di una sana pulita....

giovedì 9 giugno 2011

Back home & considerazioni.

La Tina è tornata a casa dopo un sacco di giorni di peregrinazioni fra amici, parenti, partite a carte con gli zii, film coi cugini, chiacchierate con tutti, l'incontro con l'anziana zia materna più bella e più in gamba di lei, kilometri di strada con la musica in sottofondo e il senso piacevole di girare con l'auto di nuovo in forma.

Al suo ritorno ha trovato ad attenderla una stanchezza cosmica e un po' di tristezza per l'ultimo incontro della vacanza, a casa di persone a cui era mancato il padre poche ore prima.

La Tina è passata a salutare questa famiglia che vive in un'altra città, amici lontani con cui lei ha avuto pochissimi incontri nella sua vita. Ci teneva a passare insieme alla sua mamma per portare un saluto, un abbraccio, un po' di vicinanza.
Intorno a loro ha trovato una sofferenza fortissima, di quelle che ti bloccano il cervello e gli arti, non ti fanno capire nulla, ma anche amici, parenti, persone che si prendevano cura di loro e l'hanno fatta riflettere sulle proprie esperienze con la morte.

La famiglia paterna è di terre nebbiose del nord, misurata, composta e più intimista nell'affrontare la perdita di una persona cara. La Tina ama questo aspetto perchè lo trova più vicino al suo modo di gestire il dolore, come qualcosa di privato che ognuno vive dentro di sè.

La famiglia materna è di assolate terre del sud, gaiamente caciarona e numerosa, sparpagliata per lo stivale, si riunisce in occasione delle grandi gioie - come il matrimonio di pochi giorni fa - e dei grandi dolori.

Non è facile trovare un equilibrio fra le due posizioni, ma è bello pensare che in occasione di perdite sia nella famiglia paterna che materna la Tina ha sempre trovato persone con cui condividere il dolore e non sentirsi estranea nè incompresa.


Che poi il bello della famiglia è anche abbracciarsi quando si soffre e smezzarsi un dolore che da soli sarebbe insostenibile, e insieme diventa parte della vita.

lunedì 6 giugno 2011

Immersione.

Sono immersa in pensieri morbidi come le onde del mare quando ti cullano.



Vedo due persone che si sorridono per una giornata intera, guardandosi felici, illuminate come se avessero una lampadina interna. Rispondono docili e un po' beffardi ad ogni richiesta di "bacio, bacio!" che gli viene fatta e si fanno fotografare con tutti gli amici e i parenti che trascorrono con loro questa giornata. E anche se a volte mi sembra di aver smesso di credere che certi sentimenti possano esistere, vederli così felici mi ha scaldato una fiamma dentro.

Viaggio per kilometri per vedere un'amica preziosa con la sua nanetta splendida. Lei convinta che io di solito trascorra il mio tempo in modo più vitale e frizzante (probabilmente ha dimenticato la sindrome sudoku), io convinta che lei mi trovi ripetitiva, sempre persa nelle stesse cose. Ma passiamo insieme un pomeriggio splendido.

Guardo film con mio cugino, sfottendo gli eroi nelle loro epiche imprese e ridendo come ragazzini, passando serate piene di allegria.

Visito parenti vicini e lontani, progetto incontri con amici che mi farà bene rivedere.


In tutto questo, scrivo appunti per la mia storia, che continua a crescere dentro di me come una foglia verde da un ramo. Non riesco ancora a chiarire tanti aspetti, ma mi godo questa sensazione di essere tornata in contatto così stretto con la mia creatura.


E al ritorno dalle vacanze so cosa mi aspetta.
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