Certe cose non cambiano mai.
Altre, per fortuna, sì.

mercoledì 19 dicembre 2012

It has been a pleasure.

Nell'ultimo periodo questo blog ha patito un po'. Ok, tanto.
Ho provato a condividere cose che forse non riuscivo a spiegare. Forse con troppa convinzione.

La cosa strana è che la mia vita, nella sua apparenza immobile, non è mai stata tanto a scosse.
Il lavoro che ancora non c'è. La casa che mi dovrò trovare entro pochi giorni perchè devo lasciare quella in cui vivo.
La persona di cui mi sono, credo (mi concedo sempre il beneficio del dubbio, in questioni simili) innamorata. Che quantomeno staziona stabilmente nella mia testa.
La cerimonia buddista di domenica, in cui ho ricevuto la pergamena che mi accompagnerà per il resto della mia vita. Un'emozione grande, una decisione improvvisa ma pensata bene, dopo 4 anni e mezzo di pratica.

E di tutto questo, di questa vita importante, ricca, piena di dubbi ma anche di gioie, io qui non riporto nulla.
Non so se sia la paura di scoprire troppe debolezze. O forse non è il momento, o il blog ha perso la sua funzionedi sfogo, di occasione di condividere certe cose.

Fatto sta che ringrazio tutti quelli che sono passati da qui. Chi ha lasciato un segno, chi ha continuato a leggere senza dire nulla (...perchè?) e chi si confrontava con me su ciò che scrivevo.

Grazie a tutti, e a tutti fortuna e risate, tutti i giorni della vita.
Tina


mercoledì 21 novembre 2012

A M.

La prima volta in cui ho sentito parlare di te è stato quando la mia amica L, tua sorella, mi ha raccontato la tua storia.
"Sai, quando mi sento davvero a terra penso a mia sorella, lei ha scoperto da poco di avere un tumore... Sì, è triste, ma dovresti vederla come lotta! Una leonessa!!! E' lei che incoraggia noi e ci sostiene, anche se cerchiamo di non farle vedere la nostra preoccupazione. E' forte per se stessa, per il suo bimbo che ha 3 anni, e per il suo compagno che le sta vicino..."
Sul momento ho pensato: a 23 anni come si fa a vivere con questa spada di Damocle sulla testa, gli esami, i test, l'attesa dei responsi, e ogni minimo mal di pancia ti sembra l'avvisaglia di qualcosa di peggiore...

Ma mi ha colpito ancora di più la forza che mi trasmetteva L. parlandomene. Mi ha fatto pensare a te come ad una persona piena di luce, di positività. Di quelle che mali così li sconfiggono.

Poi la vita si riprende i suoi spazi, senza tante cerimonie, e la mente si riconcentra su ciò che stai vivendo in quel momento.
Il trasloco, la città nuova, e il lavoro?, lo troverò mai un lavoro? Sarà bello? Oh come è tutto nuovo qui...

E certe immagini mentali, di questa ragazza così giovane che non hai mai visto ma di cui immagini gli occhi così simili a quelli di L., ti si parano davanti agli occhi in momenti inaspettati, e ti chiedi: chissà come sta M.


Finchè ieri sera a mezzanotte e venti non ho ricevuto un messaggio da mia sorella, che mi diceva: M. è in rianimazione. I medici dicono sia molto grave.
Mi sono alzata dal letto e mi sono messa a recitare per te, perchè stessi bene, perchè il tuo corpo sopprimesse quella schifezza che ti stava mangiando da dentro.
E stamattina mi dice che hai smesso di soffrire, proprio così. Hai smesso di soffrire. Mi dice che ti avevano operato allo stomaco, te l'avevano tolto tutto, ma qualcosa lì dentro aveva fatto presa su altri organi e quindi ti avevano... svuotato. E tu eri così stanca, forse, che hai ceduto.

Mi dispiace non averti conosciuto, M.
Il tuo dolore non lo immagino, ma continuo a piangere senza poter smettere pensando a tua sorella, a L. così forte e sempre energica e positiva, che stamane ha scritto "La M. è morta, ma non riesco a dire che non ce l'abbia fatta". Pensando al tuo bimbo che conoscerà sua madre attraverso le foto in casa, e i racconti del papà che ti terrà viva parlandogliene. E a lui, che meno di un mese fa ha voluto sposarti anche sapendo dell'operazione incombente, del tumore maledetto, perchè ti amava e perchè tu fossi più serena, forse.


Non so con chi dividere queste lacrime. Provo a dirmi che ognuno ha le sue, e stamane pensavo di reggere bene. Ma adesso mi sembra tutto troppo pesante, così brutto. Anche questa giornata di sole e aria tiepida mi sembra bella ma cattiva.
Forse è giusto prendersi il tempo per piangere su cose simili.
Così inutile, eppure così necessario.

mercoledì 14 novembre 2012

Oh my.

Le definizioni facili finiscono per appiccicarsi con troppo anticipo alle cose.

Anche quando ancora non sai cosa ne verrà fuori, cosa potrebbe nascere, se nascerà qualcosa.


Quindi chi per abitudine lavora di fantasia come una pazza si ritrova a domandarsi se la prima uscita serale col tipo simpatico conosciuto da pochi giorni, con cui si passano ore a chattare - quelle chiacchierate serali con le luci basse, quando ancora ogni dialogo è una sorpresa, ogni battuta uno scoppio di risate, ogni sciocchezza fa pensare: ma dice sul serio? Ma mi prende in giro? Ah, non dire così che arrossisco... - con cui ci si cerca qualche volta al giorno per informarsi su come va, che si fa, con cui si passa in fretta dal "beh allora buonanotte, sissì anche a te, allora ciao..." al "perchè non ci si vede così parliamo di quella cosa interessante di cui mi dicevi prima, e ti piace la birra? Ah sì? Quale? Conosci quel posto? Allora ti ci devo portare..." - dicevo se la prima uscita serale col tipo di cui non si sa l'età (potrei azzardare mio coetaneo, se è un 26enne che li porta male mi appicco) e di cui non si sa se sia libero, sia un


APPUNTAMENTO


o 'na roba fra amici. 

(No, non sto affatto puntando al bagno per il silkepil. No, davvero!)
(E no, non è che io non esca con un uomo da un sacco di tempo. Ma vah!!)

giovedì 8 novembre 2012

Pago pegno: la mocciosa.

Non so se sia quel tempo balordo e bellissimo che mischia cielo azzurro, sole tiepido e aria gelata appena si è all'ombra, o forse un po' di fatica mentale e fisica. Non so se c'entri fare avanti-indietro da casa al centro con la bici anche 2 volte al giorno, il che sono 20 km in mezzo al traffico, sulla strada cercando di non finire fra i binari del tram (caduta garantita) o sui marciapiedi a scampanellare e chiedere scusa a tutti mentre li schivo.

[n.d.r. l'altro ieri non ho schivato un tipo. Usciva da un negozio un po' di fretta, e io ero come sempre sul marciapiede. Gli sono piombata addosso come un tir sul fagiano a bordo strada, l'ho travolto, mi sono scusata quasi in lacrime. Lui consolava me dicendo che andava tutto bene, tutto a posto, non mi sono fatto niente. Stai serena. Si è allontanato zoppicando. Io ho pedalato tutto il giorno a 0,003 km all'ora].

Non so da che dipenda, insomma, sta di fatto che da ieri sono ufficialmente una mocciosa.
Starnutisco, tossicchio un po', ho la voce di una che parla con un mandarino in bocca e un cuscino premuto sul naso.
Una goduria.

Ieri ho tenuto botta e sono uscita ugualmente, per un pranzo che spero tanto si rivelerà utilissimo (ho coinvolto una cugina adorabile per chiamare i suoi mille contatti torinesi e aiutarmi nella ricerca) ma oggi non mi muovo da qui. Letto, plaid, borsa dell'acqua calda, fazzolettini ovunque, tè caldo, pensieri e PC.




Per fortuna ci sono miele, propoli e vitamina C da prendere, anche se più tardi mi farò un giro anche con loro.






Mi consolo con il pensiero che oggi è nata una cuginina nuova di zecca, benvenuta piccola C ^__^

E poi c'è lui, il pacco. Una delle gioie di vivere fuori casa è quella di ricevere lo scatolone contenente varie ed eventuali (nel mio caso vestiti pesanti che non mi ero portata prima, piumini e guanti, cappelli e sciarpe eccetera) in cui non manca mai qualcosa di buono, di dolce, che ti fa gongolare mentre spacchetti tutto, strappi lo scotch, tagli la carta.
I miei si sono superati con della cioccolata al caramello che farebbe piangere i sassi, e sotto influenza ci sta come nu babà!!

E così mi godo (circa) anche questa gironata di riflessi rallentati, pensieri che girano a vuoto come se si stessero sfilacciando, e un po' di riposo. Chissà che non passi tutto molto molto in fretta!

mercoledì 31 ottobre 2012

Appunti di ricerca.

Quando una cosa si vuole tanto, forte, si finisce per far girare un po' tutto intorno a quella.
A me capita così: parto col pensiero "che bello sarebbe se avessi/trovassi/potessi fare quello..." e in breve tempo quello diventa conditio sine qua non per fare tutto il resto.

Al momento per me quello è il lavoro (ma guarda che strano!).
Se trovassi il lavoro potrei stare qui a Torino.
Potrei cercare un posto, un posticino mio, anche piccolo, dove sbracarmi, sentirmi libera di invitare chi voglio, organizzare cene e colazioni domenicali (tarda mattinata, neh), ascoltare la musica che mi piace senza paura di disturbare. Cose piccole e grandi.
(anche se al momento la compagnia e l'ospitalità di Alessandra sono una vera benedizione, e come tali le prendo).

Potrei iscrivermi al corso di cucina di cui mi parla Tiziana, quello fico in cui si prepara un intero menu  insieme e poi si mangia tutto quello che è stato fatto. Chili in più garantiti, ma sai che divertente?

Potrei fare la tessera annuale per tutti i musei della città, e poi approfittare ogni volta che voglio per fare un salto a salutare le mummie del Museo Egizio, o il primo Parlamento a Palazzo Carignano. O l'Armeria di Palazzo Reale, che è stupenda. O ancora...

E conoscere qualcuno, perchè no. Avere il modo, il tempo, il luogo per conoscere qualcuno.
Cielo.


E tutto, tutto questo mi sembra legato a quello. Trovare un lavoro.




Ovviamente qui casca l'asino.




Queste prime settimane a Torino sono state interessanti, faticose, piene di pensieri e propositi e azioni.

Ma resta il fatto che il lavoro è molto ben nascosto, perchè io continuo a non vederlo. Dove sei, diamine?

Divento stratega di me stessa. Organizzo i tempi, gli spostamenti, i discorsi da fare. I pensieri.
Nonostante tutta questa organizzazione mi sento un po' persa, a tratti.
Le risposte non sono positive: la percezione è che la gente che ha un lavoro sia impegnatissima a mantenerlo (e vede chi lo cerca come un potenziale ladro) e chi non ce l'ha sia preso da una negatività assoluta, tanto non c'è niente da fare, tanto ti offrono contratti fasulli per 300 euro al mese, tanto non trovi nulla.

Forse ci sono tecniche migliori delle mie. Forse qualcuno ha un consiglio, un parere utile, qualcosa.
So che la ricerca di lavora accomuna un gran mucchio di persone adesso, e forse anche scambiarsi idee può servire.

Un'amica ha passato mesi davanti al PC a rispondere a offerte di qualsiasi tipo, ambito e settore. E ci ha messo comunque mesi interi prima di avere un colloquio, e finire a fare qualcosa che poco o nulla c'entrava con la sua professionalità.
Ci sono persone che vanno ogni settimana al collocamento, alle agenzie interinali. Sempre con gli stessi risultati.

Essendo venuta qui da fuori, sono partita con l'approccio diretto: vado dove mi serve/voglio/penso possano esserci opportunità, porto il CV e faccio 2 chiacchiere, se possibile, o chiedo che mi fissino un appuntamento. La tecnica si è dimostrata fallimentare, dato che se non ti conoscono o non ti chiamano prima loro non ti guardano (metaforicamente e a volte letteralmente) in faccia.

Quindi dopo aver girato per agenzie interinali, strutture varie ed uffici pubblici e privati mi sto muovendo più lato web. Ho caricato il CV su diversi siti, tanti, una moltitudine. Leggo e rispondo ad inserzioni di lavoro, carico dati, mando mail.

[Se fossimo in un film saremmo al punto in cui il/la protagonista circoletta con la penna rossa le inserzioni sul giornale. Avete presente? Con la musica di sottofondo.]


Certo tutto questo, mi dico, avrei potuto farlo dalla contea, senza venire a Torino, investirci soldi e tempo e fatica e aspettative.

Per questo chiedo, a chi il lavoro cel'ha, a chi no, a chi cerca, a chi sa e a chi vuole, di darmi un parere.
Come affrontare il tutto?
(oltre alla dose di positività e di speriamo-in-bene, certo ^_^ )

Grazie! Anche da qui passano le scoperte, no?

martedì 23 ottobre 2012

Il messaggio sbagliato.

Quando vedo certe cose mi sento una specie di scollamento interno, perchè ho l'impressione di focalizzarmi su aspetti marginali, sciocchi.
Però oggi non ho voglia di trattenermi e ne parlo.


Su un quotidiano nazionale c'è il rimando alla presentazione di un libro sulla strage di donne, il cosiddetto femminicidio, che da qualche tempo (troppo, sempre troppo) impazza come sport nazionale.
Sembra si giochino i campionati.

Snocciolo due dati, così per amor di precisione: nel 2011 sono state ammazzate 137 donne, una ogni due giorni e mezzo circa, e dall'inizio del 2012 siamo a quota 98, donne di tutte le età, uccise da uomini. Una mattanza che nasce in situazioni di relativa "normalità", in contesti familiari, fra fidanzati, fra mariti e mogli, fra ex compagni.

Non mi permetto di disquisire sulla situazione, sui provvedimenti che alcuni (e alcune, sopratutto) chiedono.
Io mi concentro, come dicevo, sul particolare marginale.
Che però mi sembra troppo fuorviante.

La foto che accompagna l'articolo ritrae una donna seduta in terra, in abito corto, tacchi che si intravedono, capelli lunghi e sguardo un po' spento, testa girata verso la macchina fotografica e verso un uomo, in piedi, che la foto mostra solo dal bacino in giù.
Lei è molto bella, in un'ambientazione diversa potrebbe rappresentare un profumo di marca, un cosmetico qualsiasi.


Presumo che chi l'ha fotografata abbia cercato di offrire un'immagine evocativa: la donna indifesa, seduta a terra, con la faccia triste, e l'uomo minaccioso, senza volto, in piedi, che sovrasta su di lei.


Però a me l'immagine sembra così stonata.
Perchè l'immagine di donna che accompagna un articolo simile dev'essere una modella in posa? L'immagine che spesso hanno gli uomini delle donne, gnocca e disponibile per capirci, e non quella di una donna che possa davvero far capire di che cosa si parla?
Lo capisco che nella prima pagina di un quotidiano nazionale le foto di donne pestate, di lividi, lasciamo perdere di sangue o scene del crimine, non si possano mettere.
Però così ho paura che si alimenti l'immagine che ha in testa chi commette certe cose.

Certo la mente di chi ammazza una donna non ha bisogno di una foto più o meno azzeccata per accendersi e fare quello che fa. Ma se è vero che alla base di certi atti c'è il senso di possesso che l'uomo sviluppa verso "l'oggetto donna", anche elementi microscopici come una foto potrebbero aiutarlo a capire che la donna non è un oggetto, da nessun punto di vista.


(Sproloquio? Oggi va così).

venerdì 19 ottobre 2012

Cronaca di giorni marziani.

Ode alle giornate storte e agli uffici inutili!
Da un paio di giorni combatto una battaglia accanita contro il fato avverso e una serie imprecisata di impiegati utili come una pozzanghera di fango in mezzo alla strada quando hai le ballerine bianche.


Iniziamo con il tipo che non sapeva esistesse l'ufficio che cercavo. Ufficio il cui nome, peraltro, è inciso in una targa metallica grande come il mio culo molto evidente dalla strada. Al mio insistere, scusi sa ma è scritto pure lì sulla porta, ribatte pensoso: se lo dice lei, signorina, lo cercheremo insieme.
Perbacco! Un cavaliere che parte con me all'avventura! Frodo Baggins e Samwise Gamgee devono essersi sentiti proprio come me, alla inizio di questa impresa epica.
Dopo un minuto dalla partenza, una tipa dall'aria scazzatissima ci dice (a me e al suo collega, che ops! Sopresa, lavora proprio lì!) che per accedere all'ufficio bisogna passare dall'altra porta.
Quella con scritto "Ufficio Sport".

Pigolo che non capisco fissando il pavimento, ma come, io credevo... La targa diceva...
Rauss, giovane rompicoglioni, vai dall'altra parte.
E vado.

Qui un signore altrettanto pieno di buona volontà mi spiega che uh no, l'ufficio non è aperto il pomeriggio. Con tono fintamente coraggioso rispondo che il sito internet, quel maleducato, dice che l'ufficio chiude alle 4 di pomeriggio, ma lui ribatte occhieggiando intorno - giuro! - che l'ufficio è aperto, dopo pranzo, solo in casi "eccezionali"...
E fa pure il gesto con la mano, quello che indica "capisc' ammè".
Non voglio sapere se i casi eccezionali siano orge e simili, o semplicemente se lui sia il peggior comunicatore della storia.
Me ne vado.


Nell'ufficio successivo - una volta partita per la missione uffici io la porto avanti con rigore, neh, mica mi lascio scoraggiare! - trovo un raggio di sole. Parzialmente annuvolato.
La tipa è la vincitrice ufficiale di Miss Scazzo 2012, sbuffa a voce altissima in mezzo all'ufficio e leva da sotto gli occhi della gente carte che stanno ancora consultando. Però, ed è un però importante, mi da delle cose che mi servono, elenchi di agenzie e aziende di zona, e quindi le perdono anche quell'antipatico battere i tacchi sul pavimento che rompe tanto le palle a tutti.
Ma me ne vado in fretta, per proteggere le mie carte.


Spinta dall'illusoria idea che la sfiga si sia stancata di seguirmi in giro per la città stile maniaco, mi dirigo all'ultimo ufficio del mio elenco. E qui ricevo la peggiore delle impressioni (tutt'altro che positive) finora avute.
La tipa allo sportello mi fissa perplessa, come se non capisse le mie parole, la mia lingua. Le spiego che sarei interessata a parlare con un consulente per discutere alcune cose in tema di lavoro.
La sua risposta? Eh, ma non c'è.
Chi, il consulente?
No, il lavoro.

Non so nemmeno bene cosa ho risposto. Credo di aver insistito un attimo per spiegare che non ero lì perchè loro mi dessero un lavoro, ma per parlare con qualcuno che potesse avere un'idea della realtà cittadina un po' più precisa della mia, che sono qui da 10 giorni scarsi.
Risposta Non Pervenuta.


Volendo trovare in questo peregrinare inutile una qualche forma di senso, potrebbe essere: non affidarti a nessuna forma di aiuto, sostegno o impegno istituzionale.
Apparentemente non sono in grado di darne.


Vabbè, tutto serve. Anche le giornate storte.

Che poi mica va tutto storto! Ieri sera ho partecipato al mio primo Meeting qui, stasera vedo una vecchia amica dopo... mmmh, un sacco di tempo, e domani vado a trovare l'amicadell'incoraggiamento.

Manca solo 'sto cacchio di lavoro per dire che va tutto bene! :D

martedì 16 ottobre 2012

Sunny days.

La musica di Miles Davis mi tiene compagnia, la luce del sole mi batte sulla schiena, da dietro la tenda bianca. E' una bella giornata, una mattinata luminosa.

Sono in città da pochi giorni, e mi piace. Mentre la scorsa settimana è stata piovosa e nonostante i migliori propositi il tempo uggioso influenza il modo di percepire un po' tutto, da un paio di giorni tutto è bagnato nella luce chiara e fredda del sole. L'aria non si risparmia le basse temperature e la voglia di piumone la mattina mi morde le caviglie come un chihuahua rompipalle, ma mi sento bene.

La mia nuova casetta, luogo di rifugio e calore per i prossimi 2 mesi (poi si dovrebbe cambiare causa forza maggiore, ma 2 mesi sono un saaaaaacco di giorni a pensarci bene) è bella, colorata, ariosa. Da sul fiume, non proprio direttamente ma quasi, c'è solo una stradina sterrata fra il cancello e l'acqua, che sembra quasi ferma a vederla dal ponte ma poi da vicino non lo è.


In questa casa io organizzo le mie giornate, le ore di ricerca su internet di offerte e informazioni, poi esco e vado dove devo.

Mi sono data dei punti, non molti a dire il vero, diciamo delle linee guida da seguire per la ricerca di lavoro che -inutile dirlo- spero mi portino nel breve periodo a trovare qualcosa di buono.

. cercare sempre delle informazioni sulle società in cui porto il CV, tanto per differenziarmi un minimo dalla macchina-spara-CV che li lascia indifferentemente alla multinazionale e al tabacchino di quartiere - alla fiera del lavoro cui ho partecipato la scorsa settimana c'erano gruppi di persone che facevano la fila davanti a stand tipo Esselunga senza avere la minima idea di chi fossero o cosa facessero: come cacchio ti presenti per un lavoro se non sai manco cosa fa l'azienda?

. avere un atteggiamento positivo, ma positivo davvero. Se è vero come dicono i saggi che la nostra attitudine cambia tutto io non posso permettermi di sembrare impaurita, stanca, scazzata. Non posso proprio, questo è il momento di sfoderare sicurezza e convinzione, competenze e qualsiasi cosa buona possa venire in mente.

. non voglio dovermi sminuire, non voglio presentarmi ad un colloquio rispondendo "qualsiasi cosa" alla domanda "cosa sta cercando?" o "cosa pensa di poter fare per noi?". Non voglio perdere coraggio nè fiducia in me, nè sentirmi una specie di fallita.

Perchè stavo pensando proprio ora che non avere lavoro fa MALE.
Non è solo la mancanza di soldi e, conseguentemente, di indipendenza. Non è solo la voglia di vacanza o di qualcosa di nuovo che non si può soddisfare. E' il senso di inutilità, di mancanza di senso, di scopo. Se si hanno altre "cose" importanti come una casa da mandare avanti, una famiglia di cui occuparsi, allora forse è diverso, anche se non so se meglio o peggio.
Per me, che sono venuta apposta qui per trovare un lavoro, la mancanza è abbastanza totalizzante.
Fa sentire un po' bloccati.
Ad esempio avrei voglia di scrivere, di buttare giù la trama del libro che mi è venuto in mente (yup!) ma mi sento quasi in colpa a farlo, non è il momento, prima trova il lavoro, poi dedicati ad altro...
E così si rimandano tante cose, e si perde un po' della bellezza della vita.


Non voglio. Non voglio arrendermi a questi pensieri, voglio concentrarmi sulle possibilità, sulle cose migliori.

Domani incontro una persona nuova, sono già contenta a pensarci.

Voglio fare un album web di foto da mandare a casa, così le persone che amo possono condividere il posto in cui vivo.

Voglio prepararmi e uscire e mostrare al meglio ciò che sono. Perchè nessun potenziale datore di lavoro mi potrà far sentire una persona di scarso valore.

giovedì 11 ottobre 2012

Avevo dimenticato.

Sensazioni già note che si ripresentano, in situazioni analoghe, e ti fanno ricordare che ci sei già passata, che hai già affrontato certe cose, che ne sei già uscita vincente più di una volta.


Avevo dimenticato l'istante di vuoto allo stomaco di svegliarsi in una casa che non è tua, in un letto prestato per qualche giorno, assaporando quell'istante di panico mentre pensi: oddio, che sono venuta a fare qui? E non conta quanto hai voluto partire o quanto sia stata una tua decisione, quel momento arriva a prescindere.

Avevo dimenticato la mancanza di calore familiare dopo tanti mesi di vita a casa, il poter cercare liberamente manifestazioni di affetto come un gatto che ti si struscia alle caviglie, potersi aprire spiegando i dubbi e le paure e ricevendo sempre una parola giusta.

Avevo dimenticato quei dubbi e quelle paure di aver sbagliato strada un altra volta, di aver confuso un sogno con la realtà e di essersi imbarcata in una situazione tutt'altro che semplice, tutt'altro che chiara, tutt'altro che tutto.

Avevo dimenticato cosa vuol dire cercare di crearsi una vita quasi da zero in un contesto in cui tutti hanno già le loro vite, i loro ritmi, le loro priorità. E tu annaspi un attimo sentendo una solitudine non cercata e non voluta.

Avevo dimenticato anche, però, l'accoglienza disinteressata di persone che ti hanno visto una volta in vita loro e ti aprono casa, ti accolgono, ti raccontano, ti aiutano con le mappe e ti riempiono le mani di informazioni e indicazioni. Così, perchè sei tu e a loro fa piacere aiutarti.

Avevo dimenticato quanto una visita ai parenti e a certi splendidi amici, alla vigilia del nuovo inizio, potesse fare bene. Quanto le facce sorridenti e certe parole, vieni quando vuoi, fammi sapere come va, ricordati che per qualsiasi cosa ci siamo, siano preziose se dette con il cuore, facciano sentire davvero meno soli.



Avevo dimenticato le volte in cui mi sono già trovata in mezzo a certe correnti. Le sensazioni che pungono e il desiderio di richiudersi a riccio e aspettare che passi la paura.






Ma siccome la paura non passa, io ora mi scuoto un po' e passo all'attacco: mi trucco per sentirmi più bella, prendo i miei libri e le mie carte e vado, la città mi aspetta, l'ipod è carico, io pure.



Ah!


(ovviamente sono apertissima ad abbracci virtuali, ecco)

lunedì 1 ottobre 2012

Mi vedo.

Mesi di calma, anzi di caaaaaaaalma.
Quella calma che sa di lentezza fisica e mentale, di stimoli scarsi, di sogni che se non s'infrangono almeno si incrinano e fanno qualche crepa.
Che ti fa sentire come se sapessi di muffa.

E improvvisamente le cose non solo si muovono. Caracollano in avanti, con una rapidità che ti porta a decidere tutto quello che hai rimandato troppo a lungo.


Stamane ho trovato due mail.

La prima è di un'amica, che mi invita a partecipare ad un congresso sul lavoro che si terrà proprio nella città in cui voglio andare. 2 giorni di approfondimento e ricerca che, se anche non dovessero sfociare in nulla di concreto, mi daranno la possibilità di dare un'occhiata in giro. Mi sono iscritta all'istante.

La seconda è di un'altra amica che mi dice che una sua conoscente ha una camera libera in casa e potrebbe, per i primi mesi, affittarmela. Questo risolverebbe l'annoso problema contratto-sì, contratto-no, contratto-forse, anticipi e cauzioni e allacci  delle utenze e tutto il resto, almeno finchè non inizio a lavorare. Le ho scritto all'istante ringraziandola della disponibiltà e chiedendo maggiori info sulla casa, la posizione ecc.

[ho scritto "amiche" parlando di queste due donne così disposte ad aiutarmi. In verità una delle due non l'ho mai vista, è una conoscente di mia madre; l'altra è amica di mia zia, e io l'ho vista una sola volta in vita mia. Eppure le sento amiche, sento il loro supporto e l'aiuto che mi stanno dando. Senza ricevere nulla in cambio se non la mia gratitudine.]


E così, al contrario delle mie aspettative di affrontare il futuro piano piano e con profonde, serie (e spesso inutili) seghe mentali ponderazioni, ho deciso.
Questo fine settimana parto.
Vado su, vado via.

Ci sono solo poche cose da organizzare.
Domattina porto la macchina a fare il check up. Che si sa è sempre meglio partire col carburatore a posto.
Devo decidere cosa portare su, come organizzarmi. Non troppa roba, non so neppure quanto spazio avrò a disposizione e non voglio vivere come un'accampata.
Voglio salutare alcune persone, quelle che in questo anno e mezzo qui mi hanno fatto sentire bene, hanno parlato e riso e chiacchierato con me, si sono confrontate e mi hanno ascoltato quando scleravo. Voglio ringraziarle per la loro amicizia.


Improvvisamente mi vedo di nuovo viva, in movimento, piena di aspettative, con la voglia di vivere il futuro e non solo di rimuginarci su.


venerdì 28 settembre 2012

Piccoli progetti crescono.

E' buffo scontrarsi con quelle briciole di assurdo che la vita si diverte a disseminare sul percorso, giusto per farsi due ghignate alla faccia tua.

La ricerca della via di fuga è sempre in atto.
Ora, individuata la meta, mi sto confrontado con le due grandi incognite: casa e lavoro.

Tutti sanno che il lavoro si trova sul posto (è uno di quegli assiomi tipo la lingua straniera la impari solo vivendo nel paese in cui si parla) e quindi mi sono detta: parti da qui con indirizzi di società e agenzie, mettendoti in mente di scarpinare fino a consumarti le scarpe per la città e sapendo che ci vorrà un po' di tempo e tanta testardaggine e determinazione.

Ma la casa? La casa serve da subito, ecco.
Anche se un po' di persone mi hanno detto "per il primo periodo puoi stare da noi", ed è una cosa che apprezzo tantissimo, ma mi dico quanto è questo primo periodo? Non puoi mica chiedere "eh ma per quanto?" perchè fa tanto brutto.
Sarà una settimana? In una settimana, salvo botte di culo fotoniche, il lavoro non arriva. Sicchè poi sarei nella stessa situazione, solo una settimana dopo.
E non posso manco pensare di dire "facciamo che sto da te finchè non trovo lavoro" perchè so che potrebbe richiedere dei mesi, porca paletta.

Io mi vedo sempre più a vivere in una chiccheria simile, con tutti i confort:



La questione affitti è intrigante. Affittano solo se hai un contratto, e affittano solo da un anno in su. Quindi prima il lavoro e poi la casa. E intanto? Residence! Ma hanno prezzi proibitivi, secondo me - come puoi chiedere un migliaio d'euro per una camera ammobiliata con angolo cottura? In quale spigolo del cervello ti si sono fermati i criceti per fare richieste simili?


Comunque, il progetto continua a crescere. Si scontra quotidianamente con i miei dubbi ma va avanti.
Vedremo chi l'avrà vinta!


...consigli, suggerimenti, pareri, tutto ben accetto!

venerdì 21 settembre 2012

Di paure ed elicotteri.

Se dovessi sintetizzare la mia mattina, potrei farlo in una parola sola: panico.
Puro panico, per interi minuti durante i quali il PC, invece di accendersi, mi rimbalzava da una schermata di errore all'altra (schermo nero, schermo blu elettrico, scritte bianche e scritte nere, niente scritte...)

Ora, lo so. Lo so. C'è dde peggio, come si dice.
Ma a me il panico è partito per due motivi, essenziali.

Il primo: le foto. Mioddio, le foto dal 2005 ad oggi sono tutte salvate qui dentro.
Viaggi, amori, posti, facce, ricordi. Luoghi e tempi a volte vicini a volte lontani, tutti qui.
Inaccessibili.

Il secondo è il foglietto, abilmente nascosto in cartelle e sottocartelle, con le password che mi servono a comunicare col mondo.
Con un notevole sforzo di volontà potrei ricordarle. Potrei, forse.
Ma anche no.


Quando alla fine il PC mi ha fatto la grazia e si è acceso senza andare in crash, mi sono precipitata a tirare fuori 3 diversi HD per copiare i dati incriminati e ho passato la giornata, più o meno fino a qualche minuto fa, a copiare cartelle.
Avete presente l'icona del foglietto che passa dalla cartella A alla cartella B, con metodica e straziante lentezza?
Ecco, quello è stato il leit motiv della mia giornata.
(e non mi lamento, spero solo di aver copiato tutto).

Ovviamente aprire ennemila giga di foto fa sì che ogni tanto uno si chieda: ma di quando sono? Ma con chi c'ero andata, là? Ma davvero mi vestivo così? (triplo carpiato avvitato al cuore).
Spetta che mi guardo la cartella, vah.

Fra risate a singhiozzo e attimi di perplessità ho capito che:

. ho avuto colori di capelli che potrei solo definire imbarazzanti. Fra le nuance peggiori una sorta di albicocca scuro, tipo marmellata, con taglio a media lunghezza abbastanza raccapricciante. Però in quelle foto sorridevo come una matta; evidentemente poco me ne fregava del colore, anzi all'epoca doveva pure piacermi.

. ero magra. Ok, magra no ma in forma. Ho visto mie foto di qualche anno fa e ho pensato: uè ma come stavo bene! Anvedi oh... Forse all'epoca (vabbè, togliamo il forse) mi vedevo una ciambella di ciccia&brufoli, ma stavo bene invece.
Mi viene il sospetto atroce che fra qualche anno vedrò le mie foto attuali e penserò: uè ma com'ero bella... sarà la prova che la vita ci gode proprio, a pigliarmi per il culo.

. certo foto intime, che ti sembrava naturalissimo e bello fare col tuo uomo, non andrebbero salvate in mezzo a tutte le altre. Perchè quando le ritrovi dopo tot anni e con fare innocente scorri le immagini, pensando "ah che bella quella vacanza, come ci eravamo divertiti, chissà chi ci ha scattato questa qui in cui ci abbracciamo" e d'un tratto c'è lui a braghe calate che fa l'elicottero, ti va l'acqua nel naso a forza di ridere.


Ora posso smettere di preoccuparmi di tutto e mi preparo per un sostanzioso, godereccio aperitivo.
Me lo merito.

martedì 18 settembre 2012

My favourite mistake.

Ammettere difetti ed errori non è piacevole.
Specie quando, nella migliore tradizione dei corsi e ricorsi storici, ti accorgi di esserci già cascata innumerevoli volte e di non aver ancora trovato una via d'uscita.


Pochi giorni fa parlavo della mia intenzione di rivoluzionare tutto, di rimettermi in gioco. Di andare via da dove sono ora per ricominciare da un'altra parte.
L'altra parte in questione è una città molto bella, in cui io avevo già puntato un posto dove stare.
Mi dicevo: dovendo avere un posto dove vivere e un lavoro, almeno uno dei due devo averlo quando parto da qui. Quindi andrò su in quella casa, e mi cercherò il lavoro.
Non posso dover cercare entrambi in contemporanea.
Il piano mi pareva perfetto, e non vedevo grandi pecche.

Certo trovare lavoro ora è tutt'altro che facile. Certo sono in quella fascia d'età in cui il 35% dei miei coetanei è disoccupato. Certo ci sarà da stare attenti alle spese e tenere d'occhio i conti, prima di aver trovato un posto e di prendere uno stipendio.
Ma ce la si può fare.


Ieri sera, dopo un'attesa di due settimane abbondanti, mi è stato detto che purtroppo quella casa non è disponibile. Nonostante sia vuota ci sono delle condizioni economiche e personali che fanno sì che non si possa utilizzare.
E io sono ricaduta nel mio errore preferito.


Che è quello di convincermi che se le cose non vanno esattamente come le voglio io, allora non vanno affatto.
E' il guaio di avere un cervello in iperventilazione: elaboro ipotesi e idee e teorie e fantasie su come andranno le cose partendo da un certo punto, e quando poi quel punto di appoggio viene a mancare non so come rielaborare.
Non so se sia una mancanza di elasticità mentale, una forma di paura di quello che non conosco, forse è un po' vigliaccheria.

Fatto sta che quando ieri sera ho sentito il "no" mi sono detta: ecco, vaffanc cavolo, non è andata come pensavo. Allora forse non è il caso che vada. Troppe incognite, non ho neppure una base di partenza, come me la smazzo?

E poi per il lavoro? E sono davvero in grado a 34 anni di rimettere in gioco tutto? E magari di andare a stare con altra gente in casa, dovendomi sorbire orari diversi e casino e scarsa comprensione per le esigenze altrui?

Dubbi, dubbi, dubbi.

Dopo una nottata di pensieri da giramenti nel letto come se fossi sulla graticola, stamattina mi sono svegliata con un barlime di idea: e proviamoci, dai.

Stamane inauguro un nuovo blocco. Il vecchio Moleskine è finito, pieno di pezzetti di me e scritte e scarabocchi e sogni e scazzi e idee e propositi. E' finito, e quello nuovo lo inizierò con qualche punto su come affrontare l'idea che avevo già in mente in modo diverso. Cercando altri punti di contatto, cercando altre ispirazioni. Altri posti in cui stare, altre idee nuove.
Se poi deciderò di cambiare meta sarà perchè ci ho riflettuto su e ho analizzato bene le cose, non perchè il mio castello di carte si è rovesciato per un soffio di vento.

"Quando si agisce cresce il coraggio, quando si rimanda cresce la paura".

domenica 16 settembre 2012

Perché

Non fatevi spaventare dalla lunghezza, si legge in pochi minuti. 
Potrebbe piacere o meno, è un racconto di Dino Buzzati che si intitola "Perchè" e mi ha colpito molto.
Regalo anomalo che condivido :)


'Illustravo al diplomatico venuto per la prima volta da Marte le nostre consuetudini:
Si direbbe che l'intero nostro mondo sia organizzato all'unico scopo che sia eternamente presente una guarnigione in attesa di partenza.
Perciò gli uomini si riproducono e anche le bestie e le piante si riproducono, e questo viene sollecitato dalla circostanza che l'atto della fecondazione è ritenuto in genere la cosa massimamente piacevole.
E' tale il gusto dell'amore tra uomo e donna che non c'è assolutamente il pericolo che l'uomo cessi di procreare e di garantire la presenza della guarnigione.
Egli anzi indulge al piacere della congiunzione carnale con tale stupidità da mettere al mondo molti più figli di quanti ne possa nutrire e perciò soffre spesso di miseria, fame, umiliazioni ed è così stolto da non accorgersi che queste afflizioni se le è procurate lui stesso e ne dà colpa al prossimo, a chi, avendo avuto un po' più di sale in testa, sta meglio di lui.
"Ma, spiegatemi" disse lo straniero che veniva da un mondo molto più persuasivo; e non riusciva a capire, "a parte l'atto della fecondazione, che gusto hai nel mettere al mondo i figli?"
"Bravo! La vita è una cosa sacra e il trasmettere la fiaccola nel futuro è la nostra più nobile missione. Inoltre, siccome vengono fuori da noi e quasi sempre ci assomigliano, noi li amiamo sopra di ogni altra cosa al mondo; inoltre i bambini e i giovanetti sono belli a vedersi, sono graziosi, destano sentimenti d'amore."
"Ma vi rendete conto che li mettete al mondo all'unico scopo che anch'essi partano?"
"Certo lo sappiamo ma partono molto dopo di noi. Questa è la regola. Tant'è vero che quando per disgrazia uno dei figli deve partire in giovane età per i genitori è la tragedia più grande."
"Beh, io sono qui da poco, ma ho l'impressione che i vostri figli, giunti a una certa età, rispondono al vostro amore col disprezzo e con l'odio, e non gliene importa un bel niente quando partite voi vecchi a meno che questo non porti a una diminuzione dei soldi e delle comodità."
"Una volta non era così."
"Adesso direi di sì."
"E con questo? La missione dell'uomo è di perpetrare la vita, tutto il resto ha un'importanza secondaria."
"Perpetuare la vita ma anche la morte, anzi più la morte che la vita, dato che il fine ultimo della vita è la morte. E questo succedersi di generazioni e generazioni al precipuo scopo di morire mi sembra una delle cose più assurde."
"E' tanto assurda, in apparenza, che evidentemente non è come tu dici. Io penso che la vita in sé, cioè l'attesa della partenza, sia una cosa importantissima e bellissima, se usata bene. Tutti del resto sembrano apprezzarla al più alto grado. E il lasciarla costituisce il più grande dolore. Del resto, che potremmo fare?"
"Semplice: non procreare più. Impedire che si rinnovi un destino tanto miserabile."
"Adagio. Non è detto che dopo la partenza tutto sia finito. Si tratta anzi del massimo problema, della cosa fra tutte importante e terribile. Qual'è la destinazione dei reggimenti in partenza? Dove vanno i bastimenti in partenza? Verso quali battaglie, mari, destini? Da che esiste l'uomo, tutti si sono posti l'enigma. C'è un'armata nemica da sconfiggere? C'è da conquistare un Paese sconosciuto? Dove vanno? Con che propositi? Oppure si incamminano ciecamente? E le navi dove approdano? Questo è il grande problema:"
"Che nessuno è mai riuscito a risolvere."
"Non è vero. Molti si sono persuasi che lo scopo della vita su questa Terra è appunto una seconda vita, in un altro luogo, che durerà eterna. Lo vedi che così tutto si spiega?"
"E tu, personalmente, ci credi?"
"Be', per essere sincero, no. I miei genitori ci credevano. Io non ci credo più o per lo meno ho dei fortissimi dubbi. I miei figli ci credono ancora meno... Ciononostante alla vita anche i miei figli sono attaccatissimi."
"Sfido. E' l'unica cosa che gli rimane, dopodiché..."
"Vedi. L'uomo ha delle misteriose risorse..."
"Vuol dire che vive come se non dovesse mai partire? Come se la vita sua dovesse essere eterna?"
"In un certo senso, sì."
"Devo confessarti che questa è la cosa che mi ha stupito di più da quando sono giunto fra voi. Tutti si comportano come se non dovessero partire mai e quando poi arriva l'ordine si mostrano sorpresi, protestano, fanno le tragedie."
"E' logico. La vita è una cosa bellissima, il mondo è un posto incantevole. Ci sono i prati, i boschi, i fiori. Il cielo, il sole, le nuvole. Le stelle, la luna. Hai visto il mare, hai visto le montagne? Non sei stato nei musei? Non hai provato a leggere qualcuno dei nostri capolavori letterari?"
"Eh, sono qui da pochi giorni. La vostra lingua la conosco male."
"Allora non hai visitato ancora le città più splendide, i monumenti, i grattacieli, i ponti, che sono l'orgoglio dell'uomo. E le donne giovani e belle, le hai osservate? Hai provato a toccarle? Lo possiedi anche tu un apparato genitale? Hai provato a farci l'amore? Ti ci sei provato nei nostri vizi? Lo sai che sono una cosa divina?"
"Ti ascolto un po' sbalordito."
"E le musiche, le canzoni... e le cose buone da mangiare e da bere... lo sai che molti preferiscono la tavola all'atto carnale?... E gli spettacoli di teatro e gli spettacoli sportivi? E le gioie dello sport? Lo sci lo praticate anche voi?"
"Devo riconoscere che sei abbastanza eloquente. Quasi quasi mi convinci... Insomma, nonostante quella faccenda, il vostro è un paradiso. Nonostante la scadenza che vi aspetta, il vostro è un paradiso felice."
"Puoi ben dirlo. La Terra è un paradiso in un'eterna primavera e già che ci viviamo non possiamo desiderare di più, siamo appunto, come dici tu, creature felici."
"Quindi io mi ero ingannato."
"Certo. Contrariamente a quanto tu supponevi noi, ripeto, siamo felici. Felici! Felici! Sprofondati in un oceano di beatitudine! La maledizione che mi spacchi. L'inferno! L'affaticarsi e alla fine trovarsi sempre con le mani piene di cenere. L'impazzire per una donna e quando l'hai posseduta sentirsi come un verme vuoto. Combattere per la gloria, per i soldi, per il demonio che mi prenda e quando ci sei arrivato ecco l'ombra nera che ti aspetta e tutto questo per dover crepare e anche i vizi meravigliosi, anche la poesia, anche la musica si convertono in putrefazione e veleno e ti parla uno dei fortunati, uno dei fortunatissimi, perché gli altri per lo più sono condannati anche alle malattie, alla miseria, ai disagi corporali, alle puzze, alla bruttezza, alla volgarità e anche loro devono partire anche se dimenticano di dover partire, anche per loro l'ombra che aspetta all'angolo, dietro la porta, dentro all'armadio, e l'angoscia notturna e l'angoscia del mattino che è anche peggio... Unico scampo è la stoltezza per cui l'uomo politico si preoccupa dei secoli venturi e dei destini dell'umanità e l'avvocato, il medico, il banchiere, il tessitore, il negoziante è convinto che il suo lavoro o affare o complotto è la cosa più importante del mondo e durerà eterna e ciascuno ama e adora le proprie cose, la propria casa, i propri figli e si dimentica completamente lo scopo ultimo, il cui pensiero dovrebbe essere invece governare tutti i suoi giorni e poi quando lo vengono a chiamare si mette a sbraitare come un maiale sgozzato."

lunedì 3 settembre 2012

Aria nuova, vita nuova.

Un mese è una manciata di giorni.
Mica l'eternità.

Voglio dire, il tempo passa.
Qualcuno ha detto che "gli anni volano, sono certi pomeriggi che non finiscono mai" e io mi trovo d'accordissimo in questa frase.
Alcune delle mie giornate sembrano membrane plastiche tirate quasi fino a strapparsi, diventano indefinite e lunghissime e coi contorni slabbrati.
Non sono molto divertenti.


Ma dicevo all'inizio, mi sono data un mese di tempo per rimettere in gioco tutto.

Ho scritto ad una persona per chiederle di affittarmi un appartamento in una città nuova, in cui non ho mai vissuto anche se mi piace molto.

Ho chiesto a un amico che viveva lì (ora si è trasferito altrove, porca paletta) e ha ancora ottimi contatti di aiutarmi a trovare un lavoro. Che oggi, si sa, il lavoro è difficile trovarlo mandando un CV che si perde fra mille altri: serve di più l'indicazione giusta, il consiglio azzeccato, e l'attitudine migliore.

Ho iniziato a fare quel meraviglioso elenco mentale delle cose-che-voglio-fare-prima-di-andare-via-da-qui, ovvero smettere di sentirmi in gabbia dove mi trovo e ridisegnarmi in un contesto nuovo, portandomi via qualcosa di buono e di bello da dove sto ora.


Oltre alle cose materiali da organizzare sto cercando quelle zavorre che per tanto tempo mi hanno appesantito il cervello, quei fardelli che mi sono caricata sulle spalle e mi hanno impedito di vivere con più equilibrio la vita.
Voglio liberarmi della sensazione di insuccesso che mi ha oscurato il cervello perchè non ho lavorato per tanto tempo.
Del senso di frustrazione per non riuscire a creare relazioni con persone interessate ad avere qualcuno con cui fare un aperitivo una volta ogni sei mesi.
Dello smarrimento per non aver ancora capito quale sia la strada giusta da percorrere, specie quando mi trovo davanti persone che sembrano soddisfattissime di vivere un'esistenza piatta e noiosa purchè senza grandi scosse.

Vorrei, anzi voglio, dare a questa meravigliosa aria fresca che mi soffia in faccia e mi rinfresca la pelle il compito di liberarmi delle mie ansie, e di aiutarmi a pensare a me stessa come a un'opera in divenire, non una specie di blocco granitico di è-troppo-tardi, vorrei-ma-non-posso, se-solo-avessi-fatto-quella-cosa ecc.


Voglio iniziare a raccontarmi in una situazione nuova, aperta, ricca di occasioni.
Non cerco il luogo perfetto in cui vivere una fantasia, voglio solo realizzare le potenzialità che ho senza (troppe) paure.

Consigli e suggerimenti sono ben accetti, ovviamente ;)

mercoledì 29 agosto 2012

Quale animale nutrire.

Narra la leggenda che in una tribù indiana un uomo stesse parlando con il suo nipotino spiegandogli la natura del cuore umano.
Per fargli capire meglio l'uomo disse: "nel cuore di ogni uomo si trovano due lupi, uno ricco di umanità, di comprensione e di amore per gli altri, l'altro egoista, malvagio e arrogante."

"E quale dei due vince?", chiese il bambino.
E il nonno, "quello che nutri di più".


Ho sempre trovato questa storiella interessante. Mi piace pensare che dentro di me, dentro ognuno di noi, ci siano parti luminose e altre oscurate, alcune migliori, altre che vorremmo eliminare ma con cui ci troviamo ad avere a che fare molto più spesso di quanto vorremmo.



Parlando con una persona poco tempo fa abbiamo allargato il concetto, dicendoci che abbiamo dentro una specie di arca di Noè, affollata di esseri in pieno sclero.

C'è il leone che aspetta paziente per ora la sua preda, immobile.
Lui rappresenta la perseveranza, l'essere focalizzati sul proprio obiettivo.

C'è la iena che ride delle altrui sfortune, e ghigna malefica tutta la sua invidia.

C'è il rapace aggressivo e urlatore, che si sente il solo e unico padrone di cielo e terra.

Ma c'è anche il delfino pronto ad aiutare gli altri, il cavallo che corre felice e sa godere della sua libertà, la gatta che si prende cura dei cuccioli e li trasporta in bocca da un posto all'altro, pur di tenerli al sicuro.


Insomma, in questo zoo pieno di creature ci sono tutte le nostre caratteristiche.

La mia superbia, quella che mi fa dire "mi hai chiuso il telefono in faccia durante una litigata e non ti chiamerò maippù!"; l'arroganza di quando penso "che ne sai te di come sto io, che sei superficiale come una pozzanghera durante la siccità"; la stupidaggine di certe azioni o di certe parole che già mentre le dico so che me ne pentirò (capita anche a voi? A me sì, a volte mi chiedo se sia l'unica e non so se sperare per il sì o il no).

Però ci sono anche la pazienza di ascoltare per ore un'amico che ha bisogno di parlare, l'umiltà di chiedere scusa quando so di aver sbagliato, la capacità di prendere in giro me stessa e le mie debolezze.


Mi piace pensare che i miei sforzi per migliorarmi siano, alla fine, prendermi cura delle bestie più belle, invece che lanciare ciabatte in testa alle più rognose ^_____^

venerdì 24 agosto 2012

La formula della felicità.

In questi giorni sto partecipando ad un corso di studi sul tema dell'armonia.
E' fantastico, specie perchè la figura di uomo alla ricerca di armonia viene vista dal punto di vista filosofico, psicologico, economico, relazionale ecc. e quindi si hanno tante prospettive differenti da cui osservare e scoprire nuove idee.

Uno degli interventi più interessanti è stato fatto da una psicoterapeuta che ha parlato di felicità e dei molteplici tentativi dell'uomo di trovarla.

Apparentemente c'è una formula, studiata da una ricercatrice americana, che esprime una vera e propria ricetta per ottenerla.

F = P + (5 X E) + (3 X H)

F è la felicità, ovvio ^__^

P è l'insieme delle caratteristiche personali, la propria visione della vita, la predisposizione a rispondere in modo adeguato a ciò che la vita stessa propone

E racchiude i bisogni esistenziali dell'uomo, la salute, la sicurezza, le relazioni interpersonali di valore

H sono invece i bisogni superiori, l'appagamento e la soddisfazione personale, ad esempio.

Perchè E si moltiplice x 5, e H x 3? Perchè ovviamente i bisogni esistenziali devono essere soddisfatti in modo più incisivo rispetto a quelli superiori.
Difficilmente una persona sarà felice se ha un lavoro appagante o una carriera di prestigio ma non è sicura, o sana, o provvista di relazioni personali di un certo peso.

Se si sommano un'attitudine positiva alle sfide della vita (che siano alzarsi ogni mattina per andare al lavoro o accompagnare i nani a scuola, o scalare le montagne in cordata) con bisogni primari e superiori soddisfatti, avremo la felicità.


Più facile a dirsi che a farsi, eh?


Un'altra cosa che mi ha colpito molto della sua spiegazione è stata la questione dell'armonia fra i tre cervelli.
Ogni persona ha tre componenti fondamentali nel cervello che rispondono ai bisogni biologici, emotivi e di progettualità.
Quando queste tre componenti sono consonanti fra loro, io sono felice.
Quando io rispondo ai miei bisogni biologici in modo adeguato - quindi mi prendo cura di me, sono sazio e al caldo -, quando sono emotivamente sereno, in una situazione che non mi crea ansia o paura o stranimento, e mi sento libero di gestire la mia vita organizzando e progettando ciò che desidero, allora sono felice.



Mi ha fatto riflettere sui periodi in cui mi sento triste apparentemente senza motivo, sui momenti in cui non riesco a trovare felicità: sono quelli in cui non sono in armonia con queste tre esigenze fondamentali, magari mi sento emotivamente sola o circondata di indifferenza oppure non mi sento libera di fare quello che vorrei, mi sento in gabbia, senza senso.



Invece oggi mi sento felice, senza troppe spiegazioni.
Solo felice.

giovedì 9 agosto 2012

Polemica sul tempo che passa.

Sono una persona sostanzialmente polemica.
A volte perchè apprezzo lo scambio/scontro verbale, quell'"io credo che/sì ma non hai pensato che/aspetta che ti spiego meglio": mi intriga, non posso negarlo.

Altre volte per amor di polemica, perchè certe cose mi stanno troppo sulle balle per stare zitta e penso sia, se non giusto, almeno divertente tirarle fuori.


Esempio.

Lo scandalo del marciatore altoatesino campione del mondo che s'è fatto beccare dopato alle Olimpiadi.
Ora: non riesco ad immaginare la quantità di pressioni e aspettative da parte di tutti, e intendo tutti, la famiglia, i tifosi, quelli che dicono che sei un pirla anche se vinci, e soprattutto gli sponsor che vogliono con tutte le loro forze che tu corra, e corra veloce, e vinca. Possibilmente il massimo, se non ti spiace.

Detto ciò, io vorrei capire come ti possa venire in mente di prendere sostanze dopanti, nella speranza che non ti becchino.
Ti sarai allenato, negli ultimi 4 anni dalla medaglia d'oro. Ti sarai accorto che non ce la facevi, che non riuscivi a star dietro ai tempi richiesti, agli sforzi fisici, alla fatica. A tutto.
Ma non ti sei sentito libero di tirarti indietro, di dedicarti ad altro. Ci sono in ballo troppe cose, probabilmente troppi soldi. E le aspirazioni degli altri su di te pesano come sassi da portare in spalla mentra si marcia. E così butti via quello che hai conquistato con fatica 4 anni fa, facendoti sbattere a calci in culo fuori dalle piste, perdendo la faccia e la dignità e rischiando di sbriciolarti via la vita a manco 30 anni.


Vorrei capire come ci si possa ridurre, consapevolmente, da questo punto
a questo.


Lo so che è un discorso semplicistico.
Dire a chi ha provato certe sensazioni, certe emozioni di rinunciarci, perchè non ce la fa più o non è competitivo o semplicemente non è più il migliore, dev'essere difficile.
Ma si tratta di accettare quello che il tuo corpo ti sta dicendo. Che una volta sei stato il vincitore, ma questo non significa che tu lo debba essere per sempre.


Altro esempio.

Una donna bellissima, splendida, universalmente riconosciuta come tale. Top model per anni e anni, che d'un tratto si accorge che oibò, gli anni passano e non sei più una ragazzina. Urge correre ai ripari!

E cosa fa 'sta gran dama?
Ecco cosa fa: evolve, se così possiamo dire, da questo viso
a questo.

Non sono una talebana del ritocco, se serve a far sentire meglio con se stessi.

E lo capirei, davvero, se partissimo da un senso di non accettazione di sè che deriva dalla scarsa bellezza (che poi non è bello ciò che è bello, è bello ciò che piace, de gustibus ecc ecc).




(prendo lei come esempio di donna non bellissima: è un'attrice spagnola che non è proprio una gnocca ma vive bene con se stessa e di ritocchi non ne ha fatti, anzi si tiene la sua fama di "attrice dai lineamenti picassiani" e di musa di Almodovar.)






La mancanza di saggezza in chi fa certe cose, che sia barare in una competizione olimpica dopo che si ha già vinto un oro o imbruttirsi come mostri riempiendosi la faccia di plastica, mi fa pensare che non sia il bisogno di migliorare se stessi a convincerli.
Perchè il massimo dei risultati è già stato raggiunto.

Quello che spinge è la mancanza di accettazione del tempo che passa, e che se tu 4 anni fa avevi certe risorse oggi puoi non averle più, e non conta che ci siano altri che ancora le hanno.
E invece di dirti "son stato un fico, sono fiero di me" tu bari per poter riprovare ancora certe sensazioni, ma ti sgamano.
E ti ritrovi a piangere in TV.

Spinge la mancanza di consapevolezza che se sei stata una ragazza bellissima sarai probabilmente una splendida donna ancora oggi, ma non potrai assomigliare alle diciottenni in passerella, non importa quanto silicone ti stenda la fronte o gonfi gli zigomi.
E invece di dire "ci sono due rughe, d'altro canto a 40 e passa anni ci sta, mi tengo comunque benissimo e ho la casa tappezzata di mie immagini a memento di quanto sono bella" ti riduci alla parodia di un alieno, e la gente corre a fotografarti per sfotterti e diventi il paradigma di cosa non fare con la propria faccia.


Ecco, queste cose fanno scattare la mia vena polemica.
Ditemi che non sono la sola. 

martedì 7 agosto 2012

Da una mail.

E' con una mail che mi arriva una notizia bella.
Una nuova vita che sta per iniziare, la quasi-mamma che ormai conta i giorni mancanti con gioia, curiosità, con la voglia di conoscere la sua bimba ormai quasi pronta per arrivare.


E racconta, questa mail, di tante difficoltà.
Dei dubbi che ha attraversato quando ha ricevuto la notizia, dubbi che non so se abbia condiviso col compagno perchè non lo nomina... dubbi per la difficoltà da affrontare, che da giovane donna saggia non poteva fingere di ignorare.

Contratti di lavoro a termine che giammai saranno rinnovati, con la prospettiva della gravidanza; accordi presi in precedenze che si scioglieranno come ghiaccio in un bicchiere, inconsistenti come se mai fossero esistiti.


Ma lei a queste difficoltà ha guardato in faccia, e non so se da sola o insieme a lui ha scelto.
La tengo, la voglio. E' mia figlia.


Ora che si avvicina il tempo della nascita ha mandato questa lunga mail chiedendo un aiuto.
Oltre a codividere la gioia per la nascita imminente, lei che madre si sentiva dentro da sempre nonostante i mille problemi, oltre alla felicità e all'attesa di questi giorni bollenti e un po' apatici lei chiede una mano a chi le è amico.

Come per un'adozione a distanza verso la sua bambina, ha chiesto di aiutarla a crescerla, ad accoglierla con tutto ciò che le servirà, facendole anche se da lontano un regalo che le potrà servire.
Mi si è aperto il cuore, a leggerlo.


Quando penso alla nascita di un bambino mi vengono in mente immagini intimissime, di genitori raccolti intorno a fagottini in body a strisce (non chiedetemi il perchè delle strisce: per me i body dovrebbero averle sempre!), sorrisi estasiati, gioia evidente.
Stanze piene di regalini e a casa tutto l'occorrente nuovo di zecca: lettini e fasciatoio e millemila pannolini e i microvestiti e compagnia bella.

Non ho mai pensato, ovvero non ci ho mai pensato in modo così shietto, a cosa voglia dire la gioia enorme di aspettare il proprio bimbo unito al pensiero tutt'altro che confortante di non potersi permettere ciò che gli servirà fin da subito: magari un passeggino, magari altre cose.

Mi sento un po' così, con lo stesso senso di risveglio incredulo e un po' brusco.


Eppure mi chiedo se certe cose non ci arrivino davanti proprio per permetterci di cambiarle, di dare loro una forma migliore.


P.S.:  Speranza mi da un suggerimento, chiede se sia possibile fare qualcosa per la mia amica.
A chiunque fosse interessato e si sentisse di fare un'offerta, io metto i dati del conto corrente da lei indicato.

Banca Antonveneta
*Beneficiaria: Debora Casarotto
iban: IT 92 A 05040 61840 000001417423
Causale: benvenuta evastella!

venerdì 3 agosto 2012

Un giorno di (stra)ordinaria piacevolezza.

Note sparse di una giornata di mare in compagnia di una donna splendida e della sua famiglia.

. partenza intelligente: al mattino, con l'aria fresca e qualche nuvoletta in cielo, musica a palla e umore alto. Un po' meno intelligente il fatto di scordare a casa i regali comprati per tutti, ma tant'è, mica si può tornare indietro a prenderli dopo quasi un'ora di viaggio... ci si limita a darsi della cretina ad alta voce per minuti interi

. arrivare al mare e chiedere agli autoctoni dove sia la spiaggia che si cerca, e sentirsi rispondere "signorì, basta guardare i cartelli". Lei è pura intelligenza, gentile signore

. trovare una bimba bionda molto cotolettata (crema consistenza mastice + sabbia fine) e super sorridente che parla con la zeppola e vuole andare sull'altalena, in mare, a fare la ruota

. soprendersi per le capacità multitasking di una mamma che riesce a seguire la bimba bionda mentre fa la ruota, complimentarsi con lei e batterle le mani, parlare con me e seguire i discorsi da una sdraio all'altra

. realizzare, con un altra sequela di parole non proprio dolci, che ho lasciato a casa la macchina fotografica: niente reportage della spiaggia, delle nane bionde, della giornata. E' tutto nella testa, per fortuna

. scoprire che la piccola, dotata di due occhi grigioazzurri bellissimi, è supersorridente e tutta pernacchiosa quando le faccio il solletico; l'ultima volta che ci siamo viste non m'aveva calcolato più di tanto, si vede che la mamma intanto le ha parlato bene di me e se n'è ricordata

. stare a mollo nell'acqua tiepida del pomeriggio a sentire la bimba bionda che nonostante sia dotata di braccioli non vuole le onde, oh che brutte le onde, mamma guarda che onde, mentre noi due spilungone con l'acqua alla vita le diciamo ma va' son mica onde queste, col tono con cui nei film americani i vecchi dicono voi giovani d'oggi non sapete cosa sia il dolore, alla tua età io ero a combattere in Vietnam!

. ridere quando la bimba dice "e se facessimo un castello?" e la mamma si commuove fino alle lacrime dicendo "senti che uso del congiuntivo la mia bambina!"

. sentire la sabbia bollente sotto i piedi e correre, insieme alla bimba, da un ombrellone all'altro per evitare di ustionarsi, tanto le ciabatte non le prendiamo che mica servono




. correre dietro all'acquilone scappato via dalle mani della bimba, mentre il suo urlo NOOOO ti risuona nelle orecchie e la sua espressione di dolore e delusione ti fa urlare "fermati, accidenti a te, prendete quell'acquilone!" e riuscire a riacciuffarlo nel parcheggio, perchè graziesignoregrazie si è aggrappato all'antenna di una macchina ed è annodato fra i rami di un albero




. godersi il mix di sensazioni positive, l'aria calda, l'ombra fresca, il gelato al caffè nel pomeriggio, la bimba che beve il cucco alla mela e te lo offre, la piccola portata in passeggino dal suo papà, i sorrisi scambiati e le chiacchiere tranquille.

. la luna che sbuca fuori da dietro una collina, durante il viaggio di ritorno, così rotonda e gialla e luminosa da sembrare un faro, e mi fa compagnia con la sua presenza.


E' stata una giornata bellissima.

mercoledì 1 agosto 2012

Belle scoperte.

A volte il mio cervello mi fa arrabbiare.
Elabora teorie sue, ci costruisce sopra mondi di carta colorata e finge che siano realtà.

Spesso queste realtà sono ben poco reali, sono difese che lui crea da minacce apparenti o inesistenti.
Mi verrebbe da dirgli "cervello mio, tira su i muri dopo aver visto pericoli reali; armati di tutto punto quando è necessario, non con tutto questo anticipo!"


Ieri ho dato una stoccata al signor cervello, e devo dire che è stato divertente appioppargliela.


Mi sono trovata in una di quelle situazioni un po' scomode tipo: l'amico di vecchia data mi presenta la sua nuova compagna, e quando ci sono grane fra loro due la compagna - che io prima manco conoscevo -  mi chiama per parlare di loro, dei problemi che sono nati, delle incomprensioni ecc ecc.

E' un ruolo che ho sempre odiato: mi sembra una situazione perdente in partenza, sia che le cose fra i due piccioncini si sistemino (nel qual caso lei riporterà quello che io ho detto a lui, che potrebbe fraintenderlo o dirmi comunque di farmi una saccocciata di affari miei), sia che la relazione finisca (e lì mi partirebbe il senso di colpa tipo avrei dovuto dire/fare cose diverse, avrei potuto evitarlo, ecc ecc).

E poi, se proprio devo essere schietta, non mi piace l'idea di prendere il ruolo di confidente solo perchè sono amica-di, in questo caso amica-di-lui; non conoscendoci prima io e la nuova compagna non c'erano chiaramente altri motivi se non analizzare nel dettaglio ciò che lui ha detto, lui ha fatto, lui non ha fatto (peggio ancora), come ha risposto ai messaggi, perchè ha sospirato troppe volte eccetera.


Insomma, dopo aver accettato di vederla (non riesco a dire no ad una persona che mi chiede aiuto in modo tanto diretto: "sto da culo, ho davvero bisogno di parlare con qualcuno") sono partita di casa così:


E il mio cervello si è preso una stoccata decisa e netta, perchè è stata una serata davvero bella.

Al di là di avere la sensazione di aiutare un'altra persona, solo ascoltandola (ho tentato in ogni modo di parlare il meno possibile, e di non esprimere troppo il mio parere da persona-che-lo-conosce-da-tanto-tempo) ci siamo ritrovate a parlare di noi due, di viaggi, di esperienze di vita, di relazioni passate ed errori che ci facevano ridere, di possibiltà per il futuro, di sogni nel cassetto che avrebbero anche voglia di uscirci da 'sti cavoli di cassetti e magari diventare un po' più reali di un sogno.

E' stata una serata bagnata di birra e accompagnata da buon cibo.
Ha fatto bene anche a me, che di occasioni di raccontarmi e ridere non ne ho, ultimamente, poi così tante.


Spero che il mio cervello abbia imparato ad affrontare le novità con uno spirito più positivo, più aperto: chi può dirlo, la vita potrebbe riservarci qualche bella sorpresa, di tanto in tanto.

mercoledì 25 luglio 2012

E' tutta esperienza.

Il saggio e splendido Randy Paush, nella sua last lecture, ha detto che "l'esperienza è ciò che ottieni quando non ottieni quello che volevi".
Ovvero, volevi arrivare là, ma hai fatto uno scivolone e ti sei fermata ben prima.
Vabbè, ciccia, è sempre esperienza.


Io ne ho accumulata un po' proprio negli ultimi giorni, grazie al colloquio con quel genio sconfinato che mi aveva proposto un lavoro.

Quindi. Ci vediamo lunedì mattina, incontro rimandato per 2 volte in pochi giorni (iniziamo splendidamente).
Dopo aver passato 3 ore a parlare e approfondire vari argomenti, ho fatto la decisa e gli ho detto: uè nini, vogliamo parlare anche un attimo di soldi?
Perchè per la gloria non ci lavora nessuno, mi pareva bellino dirtelo.
Quindi?

Lui mi dice di fargli una proposta commerciale, io mi trovo un po' a disagio (se mi proponi un lavoro dovrai pur avere in mente anche una retribuzione per quel lavoro, no? NO?) ma gli dico cosa mi parrebbe uno stipendio onesto.
Lui resta zitto.
Io, in tono compassato, glielo motivo: nonostante nel primo periodo il lavoro non potrà prendere pieno slancio (questioni di tempi tecnici dovuti a contratti con l'estero, beghe varie ecc ecc) , io mi dovrò studiare tutte le specifiche che al momento non conosco, vedi contrattualistica, rapporti con aziende pubbliche e private, richieste alla CE, relazioni passate, più tutta la parte tecnica che non ho manco mai visto in cartolina.
E il tempo che studio, visto che non è che mi leggo i libri sui tarocchi o gli articoli di Cioè, mi aspetto che venga pagato.


Lui a quel punto mi dice: eh, ma mica serve. Quando inizierai a lavorarci, su certe cose, le imparerai automaticamente.
AUTOMATICAMENTE.
Amico mio, io non so se nella vita tu abbia mai studiato una bella miseria di nulla, ma io non ho mai imparato mai niente automaticamente. Manco Harry Potter. Per imparare qualcosa, per familiarizzarci, devo leggere e studiare e informarmi e capire. Di automatico c'è proprio poco.

(ovviamente la sua risposta mi ha fatto capire subito che lui non aveva intenzione di pagarmi quel tempo, e quindi la discussione diventava un po' senza senso. Ma così, giusto per soddisfazione, gli ho chiarito ancora un paio di punti)


Primo, gli ho detto che per me studiare era necessario, che non mi sarei mai messa a lavorare in un ambito che non conoscevo rischiando di dire cazzate immani, o di farmi fregare da chiunque. Non era così che ero abituata a lavorare, e non l'avrei fatto per fare un favore a lui.
Secondo, se la mia proposta gli sembrava eccessiva, che rilanciasse; ne facesse lui una, sarebbe stata pure ora.

Al che lui ha usato le parole magiche: no, dimmi tu, ma regolati con equilibrio e spirito di sacrificio.
Spiritodechè?
Mi sono trattenuta dal ridere. Per un attimo mi è venuto il sospetto di essere in una candid camera, tipo mi starai prendendo per il culo? Non solo non mi fai una proposta commerciale manco per sbaglio, la fai fare a me; io te la faccio, tu la bocci e mi dici ritenta? Ma con spirito di sacrificio?
Ma te la mattina ti mangi le tazze di latte e scemenza, mi sa.

Così l'ho guardato, senza sapere se ridere o stare seria seria, e gli ho detto: sai che penso? Che forse tu non cerchi una collaboratrice, tu cerchi un'anima innocente che si emozioni all'idea di prendere due lire, che prenda il lavoro come quello che deve pagare la pizza del sabato sera, che non abbia tempo da perdere a imparare nulla. E guarda, forse sono stata anche io così, ma tanti anni fa. Prima di un sacco di esperienze. E ora non mi posso cucire la bocca dicendo "meglio qualcosa che niente, prendili pochi maledetti e subito e taci". Perchè va bene tutto, ma quello che mi proponi tu è tutt'altro che un lavoro, è una presa per il culo precisa.

Mi sono alzata, gli ho stretto la mano e gli ho detto buona ricerca per la prossima persona.

Mentre uscivo, dicendomi "coraggio, alla fin fine è stata un'esperienza" lui mi dice: se cambi idea richiamami, eh.

Pensando "trattieni il fiato, nell'attesa!", gli ho risposto così:

giovedì 19 luglio 2012

Domattina.

Io i compromessi li odio.
Nella vita letterario-cinematografica i personaggi non scendono a compromessi.
Nè con se stessi, nè tantomeno con gli altri.

Vanno dritti per la loro strada e alla fine trionfano. O marciscono, insomma.
Comunque, non li accettano.


Domattina vedrò la persona che mi ha proposto una collaborazione di lavoro.
Dopo due incontri di spiegazioni, chiarimenti, approfondimenti e tutto il resto, va in scena il classico "o la va o la spacca". O ci mettiamo d'accordo in modo definitivo oppure smettiamo di parlarne che tanto non serve.


Quello che sto cercando di dirmi, da due giorni a questa parte, è che io di compromessi ne devo accettare. E fin da subito, tanto per rendere il boccone già mezzo indigesto.
Perchè le condizioni di lavoro potrebbero non essere ideali, perchè la personalità del(l'eventuale) capo mi è a dir poco ostica, perchè la scarsa chiarezza mi lascia sempre un po' di prurito addosso. Un disagio.


Però, c'è da dire che aspetti positivi potrebbero essercene.
E il momento forse non è proprio quello di fare i supersofisticati, no?


Comunque domattina andrò lì col mio brevissimo elenco di conditio sine qua non da rispettare, perchè va bene il bisogno e il desiderio di lavorare ma il rispetto di sè meglio non perderlo (quanto meno per questo, potrebbero esserci tante altre valide ragioni!)
Mi sono consultata con alcune persone, ho ascoltato i loro suggerimenti e poi ho elaborato i pensieri.


Quello che vorrei dall'incontro di domattina è una sferzata di entusiasmo, di voglia di mettersi in gioco, di iniziare una cosa nuova e interessante.



P.S.: non posso negare che a volte si senta il bisogno anche di piccole, ingiustificate e inspiegabili soddisfazioni. Per cui, se non dovesse andare in porto, voglio essere io e non lui a dire "grazie per la chiacchierata interessante, ma ritengo che entrambi stiamo cercando qualcosa di diverso. Arrivederci."

domenica 15 luglio 2012

Randomly silly.

Ovvero quando i colpi di calore, o la stupidera tipica della 14enne, ti travolgono Juppi e Jeppi, i 2 neuroni rimasti nella testa. E non ci capisci più un tubo.

In rigoroso ordine sparso:

. sabato mattina (udite udite) ho fatto un colloquio di lavoro. Ebbene sì, ebbene io.
E' stato molto divertente assistere, quasi come uno spettatore esterno, alla scenetta che offrivamo: da un lato del tavolo io, in camicetta-gonnellina al ginocchio-tacco alto da "sì certo sarà pure un colloquio ma ci sono quasi 30° e non sono le 9, quindi mi prendo la licenza poetica di venire coi sandali". Dall'altro lui, coriaceo ometto dall'età indefinibile (65? diciamo anche 70?) che è partito con il più classico "parlami di te mia cara, e che aspirazione hai, e come vedi questo paese, e come identifichi bla bla bla" per poi passare a "morti de fame, semo 'n paese de morti de fame, non c'è più voja de fa' niente, i giovani d'oggi so' 'na disgrazia, dei cretini senza cervello e senza spina dorsale!"
Io annuivo composta, sentendomi vagamente preda di qualche scherzo del destino, con la voglia di ridere e l'espressione tirata da gatta sul tetto che scotta.
Il progetto, nonostante la presentazione non proprio esaltante (...) sembra intrigante. Ovviamente c'è da capire quanto sia serio e quanto non sia, invece, superfuffa -dai, speriamo tutti insieme di NO.

. venerdì pomeriggio sono stesa sul lettino del kinesiologo, che cerca di sondare gli insondabili e misteriosi problemi che ho alle articolazioni. Essendo un approccio olistico, per capire se ci sia un'origine psicologica o emotiva mi invita, fra mie risatine, a scandire la tabellina del 2 (giuro) e poi a intonare una melodia senza parole.
Ghignando inizio, e in pochi secondi realizzo, con un sussulto di sgomento, che sto intonando la marcia nuziale.
LA MARCIA NUZIALE.
IO.

Con un salto di tono degno di un sordo dalla nascita cambio la melodia inserendo dei pereppeppè - turuttuttù e la faccio diventare una cosa scema e priva di senso, giusto per evitare la risatina sardonica del dottore accompagnata dall'inevitabile domanda "abbiamo voglia di sposarci, eh?"
Argh.


. da qualche notte a questa parte faccio sogni. E fin qui, tutto ok.
Il fatto è che i sogni riguardano me e svariate altre persone, di sesso opposto, coinvolti in quelli che si potrebbero definire incontri ravvicinati di quel tipo (non tutte insieme, ndr). La cosa assurda è che le persone le conosco, voglio dire non sono i classici sconosciuti senza volto su cui fantasticare un attimo e da dimenticare subito dopo. Sono amici, conoscenti, ma soprattutto sono dei CRETINI. Giuro.
Sogno questi coinvolgimenti molto fisici con gente di cui conosco la stupidità aberrante, con tanto di particolari che eviteri di discutere proprio a gran voce, e la mattina mi sveglio e mi dico: capperi, ma tutto 'sto popò di esercizio ginnico proprio con un pirla del genere? Ma non poteva essere il vicino di casa tenebroso? Il commesso del negozio di lampadine? Un tizio qualsiasi? Proprio quel demente lì?
E mi do della scema.


Non so bene cosa voglia comunicarmi il cervello, ma temo sia comunque tardi per porre un rimendio.

mercoledì 11 luglio 2012

Strade da prendere.

La finestra aperta alle 4 di mattina (con zanzariera abbassata, ovvio!) permette a quell'arietta leggera, fresca e riposante di accarezzarti la pelle e farti pensare: che bello.
 

Ovvero, alle 4 io consiglierei a tutti una bella fase REM avanzata, possibilmente con sogno incluso di supereroi a caso; ma io consiglio bene e razzolo male, quindi stamattina ero lì a godermi qualche respiro che non sembrava colla liquida e a riflettere su alcune cose.

[premessa: avendo sempre preferito la notte al giorno, sono convinta che i pensieri migliori vengano fuori fra le stelle. Per questo in genere se non dormo, la notte penso a un casino di cose.
Stanotte è stata la sagra del "ti prego staccati, cervello. ti prego. eddài"]


E' da giorni che cerco di convincermi dell'assoluta necessità di rientrare nel mondo-del-lavoro.
Quello spazio-tempo che caccia via a pedate gente della mia età, che la frustra (e a volte le frusta pure) cercando di convincerla che occupare un sacco di ore a far cose che spesso non piacciono (e se piacciono è già una botta di culo enorme) per aver in cambio uno stipendio, sia la cosa migliore e più saggia in cui investire il proprio tempo.

Quel mondo in cui spesso ad un impegno oggettivo corrisponde uno stipendio che non fa realizzare le proprie ambizioni: comprare una casa, mantenere una famiglia, continuare a studiare, e via andare.

Non è così per tutti: ci sono persone felici del lavoro che fanno, soddisfatte dei soldi che prendono e degli impegni da portare avanti. Non dico che le invidii, perchè l'invidia è 'na brutta bestia come si dice: ma sono felice per loro, le "uso" per ispirarmi.

Io stamane, nell'arietta frizzantina come un prosecco gelato, mi dicevo: sono pronta? Per cosa?
Sono pronta a tornare a fare un lavoro d'ufficio (la maggior parte dei lavori fatti sono stati d'ufficio) per prendere un migliaio d'euro (più o meno) che, tolte le spese di un affitto e le rate dell'auto, mi premetterebbero di campare e arrivare alla fatidica fine del mese?
Sono pronta a farlo? Perchè da lì sono già scappata, e non una volta, per concedermi il lusso (lo so che è un lusso) di tentare di fare ed essere qualcosa di diverso.


Sono ad un bivio. 
Da una parte il bisogno di soldi, di stabilità economica (mi fa sentire un'opinionista politica usare questi termini) mi spinge a dire: prendi quel che capita. Non arrivare alla fine dei fondi che hai da parte, tanto lo sai che se vuoi costruire qualcosa ti serve lavorare, non sei mica la figlia dei Rothschild.
Dall'altro i pensieri mi girano nel cervello come strascichi di seta: non tornare a fare qualcosa che non amavi per poi sentirti di nuovo in gabbia; continua a perseverare, dedicati a ciò che ami; non smettere di pensare di poter DAVVERO diventare ciò che vuoi.

Quando i pensieri occupano la mente anche alle 4 di mattina, mentre l'aria fresca inviterebbe a dormire e le lenzuola non sembrano riscaldate dal phon, vuol dire che si sta avvicinando il momento di prenderla, 'sta maledetta decisione.








Aaaargh.

lunedì 25 giugno 2012

Think!

Come dice il saggio, prima pensa e poi parla.

Il pensiero, attività che ad alcune persone deve costare troppa fatica visto il caldo, il tasso di umidità, Giove in combutta con Saturno ecc ecc, dovrebbe servire a rendere le idee chiare e comunicabili.

Ovvero a parlare di cose che si capiscono in modo comprensibile.


Questa mattina ho trovato un invito su cui riflettere:

 "Prima di parlare, pensa:
. è vero?
. è di aiuto?
. è illuminante?
. è necessario?
. è gentile?"

Ultimamente mi sono molto lamentata, fra me e me e a volte anche fra me e il resto del mondo, di quanto poco mi piaccia come vanno le cose.
Tutto mi sembra falso, poco aderente alla realtà (che io immagino o che vorrei, ovvio) e tante persone mi fanno sentire fuori luogo, senza senso, senza importanza.
Odio-odio-odio.
Rabbia, impotenza, un po' di vittimismo.
Non mi capiscono. Non gli interessa di capirmi. Sono egoisti, disinteressati, basta che stiano bene loro nei propri piccoli confini e il resto che si fotta.


E così, leggere i consigli sul pensiero prima di parlare mi ha fatto fare un esamino di coscienza.

Le mie parole sono state vere? Si,alla prima voce posso rispondere sì (dai che inizio bene).

Sono state di aiuto? Mmmh, vediamo. In alcuni casi immagino di sì, quando mi sono confrontata, quando mi sono aperta e ho ascoltato davvero, col cuore.
In altri, onestamente, no. Sono state uno scavare per curiosità, che forse non è servito a me né agli altri.

Sono state illuminanti? Uh, dovrei chiederlo. L'altro giorno un amico ha detto "se' 'n fenomeno e 'na sorpresa", vale? Non lo so davvero, se le mie parole siano illuminanti. A volte credo di avere intuizioni che riguardano la mia vita, e magari le comunico e ispiro anche qualcun altro. Ma è una sensazione che ci si porta dentro, soprattutto.

Sono necessarie? Qui casca l'asino. Io non parlo (solo) per necessità. Anzi, per necessità più spesso taccio. Io parlo per chiarire, per specificare, per desiderio di approfondimento, (talvolta) per fare la puntigliosa, per chiarire il mio punto di vista -se penso che all'altro interessi, ça va sans dire.
Ma non sempre ciò che dico è necessario. Anzi, a volte io mio modo di fare un po' secco renderebbe necessarie meno parole e più carezze.

Sono gentili? Le mie parole sono gentili? Argh. Temo di no. Non sempre, diciamo che le mie parole sono chiare, nette, spesso precise e azzeccate... ma gentili, purtroppo, a volte non lo sono affatto.
E mi fa male dirlo, vorrei essere una di quelle persone dolci, accomodanti, piene di leggerezza che si fanno amare anche solo per il modo in cui si pongono. Invece sono una specie di caterpillar che a volte, mentre parla, si accorge di lasciar graffi addosso a chi ascolta ma non si ferma, perchè certe cose vanno dette e perchè quella persona deve sentirsele dire.
Per il suo bene.
For the greater good.



Ecco, forse conviene che questa lavagnetta "Think" io me la stampi e me l'attacchi molto vicina agli occhi, in modo da ricordare che parole che sanno di buono sono molto più semplici da digerire di parole acide o pesanti.

lunedì 18 giugno 2012

To Rome, with love.

Per me, Roma ha rappresentato un po' il fidanzatino di svariati anni fa, quello a cui paragonavo tutti gli altri uomini con cui avevo storie.

Così come lui era, ai miei occhi, la perfezione assoluta (ah, il potere ottenebrante di un idilliaco innamoramento, basato su tanta, soffice aria fritta!) così Roma rappresentava la città ideale, quella sì caotica, sì piena di traffico e magari un po' sporca e troppo piena di gente e con i mezzi che passano una volta ogni morte di papa e tanto però il papa non muore mai, MA bellissima.

Dopo essere stata insieme al suddetto fidanzato mi sono accorta della cecità delle mie idee, e di quanto un preconcetto possa rivelarsi infondato alla (dolorosa) prova dei fatti.
Allo stesso modo, dopo aver vissuto due mesi a Roma durante un meraviglioso inverno di qualche anno fa, mi sono accorta di quanto sia impegnativa da vivere, di come siano comprensibili le lamentele di chi la vive quotidianamente e si scontra con difficoltà e disservizi e ritardi e tutto il resto.


Per mia fortuna, ho smesso di fare quell'operazione dannosa di paragone fra i luoghi (e le persone) e sto imparando a scoprire ogni cosa per ciò che è.
Nel caso di Roma, una città davvero bella, non facile ma piena di fascino.


Pochi giorni fa ho avuto occasione di tornarci, invitata da un'amica, rivivendo un sacco di emozioni già conosciute e scoprendone di nuove.
Lei mi ha accompagnato nel mio vagabondare, mi ha fatto conoscere posti nuovi, ha riso e parlato con me. Fare queste cose in una cornice così bella è senza prezzo!


 




Il caldo intenso dal cielo senza una nuvola, pulitissimo e brillante.
I muri e i cancelli ricoperti di gelsomino, che profumano l'aria della sera, dopo lo smog del centro.
Le strade nuove, e quelle vecchie, e quelle antiche.

Le piante che regalano un po'  di ombra e di fresco, mentre la polvere dei giardini ti resta attaccata ai piedi.





















E poi una visita alla Galleria Nazionale di Arte Moderna, dentro Villa Borghese, dove sono andata a godermi la mostra Headlines di Andy Warhol.

La location è bellissima, le opere interessanti, e mi sono letteralmente innamorata del pavimento in specchio del salone centrale, tutti camminavano con gli occhi incollati a terra per ammirarsi da una prospettiva diversa!


















E come ammirare la bellezza sconfinata di questa città senza passare per la sua arte e le chiese.
Diverse, anacronistiche, alcune tanto ricche ed opulente da sembrare quasi troppo pesanti; altre scarne e fresche, che offrono un po' di penombra dalla calura esterna.

Ogni luogo sembra riportare indietro di secoli interi.














Insomma, dovrei ringraziare la città per avermi accolto, come sempre, con un bacio in fronte;
e la mia amica, che è stata un'ospite splendida, anche se doveva lavorare e la sera eravano entrambe stanchissime ma ancora piene di parole da dirci;
e la bella Dabo,che ha diviso con me una passeggiata per il mercato, un cocktail fresco e tante chiacchiere piacevole mentre MustelaPandala rideva e si mangiava noccioline :)


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