Come dice il saggio, prima pensa e poi parla.
Il pensiero, attività che ad alcune persone deve costare troppa fatica visto il caldo, il tasso di umidità, Giove in combutta con Saturno ecc ecc, dovrebbe servire a rendere le idee chiare e comunicabili.
Ovvero a parlare di cose che si capiscono in modo comprensibile.
Questa mattina ho trovato un invito su cui riflettere:
"Prima di parlare, pensa:
. è vero?
. è di aiuto?
. è illuminante?
. è necessario?
. è gentile?"
Ultimamente mi sono molto lamentata, fra me e me e a volte anche fra me e il resto del mondo, di quanto poco mi piaccia come vanno le cose.
Tutto mi sembra falso, poco aderente alla realtà (che io immagino o che vorrei, ovvio) e tante persone mi fanno sentire fuori luogo, senza senso, senza importanza.
Odio-odio-odio.
Rabbia, impotenza, un po' di vittimismo.
Non mi capiscono. Non gli interessa di capirmi. Sono egoisti, disinteressati, basta che stiano bene loro nei propri piccoli confini e il resto che si fotta.
E così, leggere i consigli sul pensiero prima di parlare mi ha fatto fare un esamino di coscienza.
Le mie parole sono state vere? Si,alla prima voce posso rispondere sì (dai che inizio bene).
Sono state di aiuto? Mmmh, vediamo. In alcuni casi immagino di sì, quando mi sono confrontata, quando mi sono aperta e ho ascoltato davvero, col cuore.
In altri, onestamente, no. Sono state uno scavare per curiosità, che forse non è servito a me né agli altri.
Sono state illuminanti? Uh, dovrei chiederlo. L'altro giorno un amico ha detto "se' 'n fenomeno e 'na sorpresa", vale? Non lo so davvero, se le mie parole siano illuminanti. A volte credo di avere intuizioni che riguardano la mia vita, e magari le comunico e ispiro anche qualcun altro. Ma è una sensazione che ci si porta dentro, soprattutto.
Sono necessarie? Qui casca l'asino. Io non parlo (solo) per necessità. Anzi, per necessità più spesso taccio. Io parlo per chiarire, per specificare, per desiderio di approfondimento, (talvolta) per fare la puntigliosa, per chiarire il mio punto di vista -se penso che all'altro interessi, ça va sans dire.
Ma non sempre ciò che dico è necessario. Anzi, a volte io mio modo di fare un po' secco renderebbe necessarie meno parole e più carezze.
Sono gentili? Le mie parole sono gentili? Argh. Temo di no. Non sempre, diciamo che le mie parole sono chiare, nette, spesso precise e azzeccate... ma gentili, purtroppo, a volte non lo sono affatto.
E mi fa male dirlo, vorrei essere una di quelle persone dolci, accomodanti, piene di leggerezza che si fanno amare anche solo per il modo in cui si pongono. Invece sono una specie di caterpillar che a volte, mentre parla, si accorge di lasciar graffi addosso a chi ascolta ma non si ferma, perchè certe cose vanno dette e perchè quella persona deve sentirsele dire.
Per il suo bene.
For the greater good.
Ecco, forse conviene che questa lavagnetta "Think" io me la stampi e me l'attacchi molto vicina agli occhi, in modo da ricordare che parole che sanno di buono sono molto più semplici da digerire di parole acide o pesanti.
6 commenti:
È difficile parlare SEMPRE avendo un criterio così preciso ed esaustivo, sarebbe un mondo di relazioni perfette. Poi peró ognuno esprime se stesso con le parole che più lo rappresentano nel bene e nel male. Lasciami aggiungere per fortuna, non riesco mai a fidarmi delle persone troppo costruite
prima di parlare si pensa, certo. Spesso ce n'è bisogno.
Ma il pensiero è così ricco, sfumato, arzigogolato, che la lavagnetta mi sa sia solo una labile traccia, che spesso è fuorviante.
Io diffido molto delle regolette, son convinto che le vere regole siano indissolubilmente legate all'intelligenza e alla cultura del singolo. E anche alla possibilità che commetta errori, nonostante tutte le attenzioni e la diligenza del caso.
Queste regole, nello specifico, le trovo discutibili: a volte cose di aiuto non sono gentili - kind è più ampio di gentile, significa educato, smussato degli spigoli e attento a non ferire. Io credo che talvolta le cose utili possano essere dolorose, possano ferire al momento.
Forse, invece della regola di dettaglio, ha ragione il saggio: prima pensa, poi parla, e se devi sbagliare, sbaglia :)
biancume, imatig, certo che non posso resettare il cervello (nè lo vorrei!) prima di ogni parola da dire, per farmi il ripassino dei 5 punti.
solo che ultimamente le mie parole non sono state gentili, a volte, nè dolci, nè attente alla sensibilità degli altri. poi mi lamento che sono sola e che non mi capiscono. beh...
allora prendo spunti che per quanto non siano esaustivi possono aiutare a usare un po' + di attenzione! ^_^
A prescindere da tutto, pensare prima di parlare è sempre un buon consiglio. Se poi si riesce ad essere tanto analitici come scrivi in questo post, beh meglio, ma per me è davvero difficile. Piuttosto sto zitta, mi conosco!
Che bel tarlo che mi ha messo in testa! Parto già male con l'assunto: la ghiaia che dovrebbe drenare i pensieri tra il naso e la bocca non funziona. Io parlo, spesso per non stare zitta, il silenzio mi mette l'ansia. Sulla verità... ho troppa paura delle bugie e dei pensieri falsi che o dico cose vere o (solo) in quel caso taccio. D'aiuto, illuminanti e necessarie? Raramente, spesso sono solo utili a me, gongolandomi nell'idea che qualcuno necessiti del mio pensiero. Gentili? Il termine giusto per una piemontesina doc è affettate. A volte gentili per educazione... vinco oscar per le gaffes, quindi no: non sono gentili.
Tina? Non ne esco bene.
Però grazie per la riflessione.
liz, neanche per me è facile, anzi... ma proprio per questo una strada da seguire potrebbe aiutarmi, altrimenti il rischio di blaterare cose inutili è grande! ;)
ragazza bella di bottega, sai cosa mi ha fatto pensare di più mentre scivevo il post? la sensazione di quest'ultimo periodo di essere sola e derelitta, e che questo possa nascere anche dalle parole che dico. mi devo sforzare un po' di + di essere migliore, e posso certamente partire dalle mie parole.
dai che ce la facciamo! ;)
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