Certe cose non cambiano mai.
Altre, per fortuna, sì.

mercoledì 31 ottobre 2012

Appunti di ricerca.

Quando una cosa si vuole tanto, forte, si finisce per far girare un po' tutto intorno a quella.
A me capita così: parto col pensiero "che bello sarebbe se avessi/trovassi/potessi fare quello..." e in breve tempo quello diventa conditio sine qua non per fare tutto il resto.

Al momento per me quello è il lavoro (ma guarda che strano!).
Se trovassi il lavoro potrei stare qui a Torino.
Potrei cercare un posto, un posticino mio, anche piccolo, dove sbracarmi, sentirmi libera di invitare chi voglio, organizzare cene e colazioni domenicali (tarda mattinata, neh), ascoltare la musica che mi piace senza paura di disturbare. Cose piccole e grandi.
(anche se al momento la compagnia e l'ospitalità di Alessandra sono una vera benedizione, e come tali le prendo).

Potrei iscrivermi al corso di cucina di cui mi parla Tiziana, quello fico in cui si prepara un intero menu  insieme e poi si mangia tutto quello che è stato fatto. Chili in più garantiti, ma sai che divertente?

Potrei fare la tessera annuale per tutti i musei della città, e poi approfittare ogni volta che voglio per fare un salto a salutare le mummie del Museo Egizio, o il primo Parlamento a Palazzo Carignano. O l'Armeria di Palazzo Reale, che è stupenda. O ancora...

E conoscere qualcuno, perchè no. Avere il modo, il tempo, il luogo per conoscere qualcuno.
Cielo.


E tutto, tutto questo mi sembra legato a quello. Trovare un lavoro.




Ovviamente qui casca l'asino.




Queste prime settimane a Torino sono state interessanti, faticose, piene di pensieri e propositi e azioni.

Ma resta il fatto che il lavoro è molto ben nascosto, perchè io continuo a non vederlo. Dove sei, diamine?

Divento stratega di me stessa. Organizzo i tempi, gli spostamenti, i discorsi da fare. I pensieri.
Nonostante tutta questa organizzazione mi sento un po' persa, a tratti.
Le risposte non sono positive: la percezione è che la gente che ha un lavoro sia impegnatissima a mantenerlo (e vede chi lo cerca come un potenziale ladro) e chi non ce l'ha sia preso da una negatività assoluta, tanto non c'è niente da fare, tanto ti offrono contratti fasulli per 300 euro al mese, tanto non trovi nulla.

Forse ci sono tecniche migliori delle mie. Forse qualcuno ha un consiglio, un parere utile, qualcosa.
So che la ricerca di lavora accomuna un gran mucchio di persone adesso, e forse anche scambiarsi idee può servire.

Un'amica ha passato mesi davanti al PC a rispondere a offerte di qualsiasi tipo, ambito e settore. E ci ha messo comunque mesi interi prima di avere un colloquio, e finire a fare qualcosa che poco o nulla c'entrava con la sua professionalità.
Ci sono persone che vanno ogni settimana al collocamento, alle agenzie interinali. Sempre con gli stessi risultati.

Essendo venuta qui da fuori, sono partita con l'approccio diretto: vado dove mi serve/voglio/penso possano esserci opportunità, porto il CV e faccio 2 chiacchiere, se possibile, o chiedo che mi fissino un appuntamento. La tecnica si è dimostrata fallimentare, dato che se non ti conoscono o non ti chiamano prima loro non ti guardano (metaforicamente e a volte letteralmente) in faccia.

Quindi dopo aver girato per agenzie interinali, strutture varie ed uffici pubblici e privati mi sto muovendo più lato web. Ho caricato il CV su diversi siti, tanti, una moltitudine. Leggo e rispondo ad inserzioni di lavoro, carico dati, mando mail.

[Se fossimo in un film saremmo al punto in cui il/la protagonista circoletta con la penna rossa le inserzioni sul giornale. Avete presente? Con la musica di sottofondo.]


Certo tutto questo, mi dico, avrei potuto farlo dalla contea, senza venire a Torino, investirci soldi e tempo e fatica e aspettative.

Per questo chiedo, a chi il lavoro cel'ha, a chi no, a chi cerca, a chi sa e a chi vuole, di darmi un parere.
Come affrontare il tutto?
(oltre alla dose di positività e di speriamo-in-bene, certo ^_^ )

Grazie! Anche da qui passano le scoperte, no?

martedì 23 ottobre 2012

Il messaggio sbagliato.

Quando vedo certe cose mi sento una specie di scollamento interno, perchè ho l'impressione di focalizzarmi su aspetti marginali, sciocchi.
Però oggi non ho voglia di trattenermi e ne parlo.


Su un quotidiano nazionale c'è il rimando alla presentazione di un libro sulla strage di donne, il cosiddetto femminicidio, che da qualche tempo (troppo, sempre troppo) impazza come sport nazionale.
Sembra si giochino i campionati.

Snocciolo due dati, così per amor di precisione: nel 2011 sono state ammazzate 137 donne, una ogni due giorni e mezzo circa, e dall'inizio del 2012 siamo a quota 98, donne di tutte le età, uccise da uomini. Una mattanza che nasce in situazioni di relativa "normalità", in contesti familiari, fra fidanzati, fra mariti e mogli, fra ex compagni.

Non mi permetto di disquisire sulla situazione, sui provvedimenti che alcuni (e alcune, sopratutto) chiedono.
Io mi concentro, come dicevo, sul particolare marginale.
Che però mi sembra troppo fuorviante.

La foto che accompagna l'articolo ritrae una donna seduta in terra, in abito corto, tacchi che si intravedono, capelli lunghi e sguardo un po' spento, testa girata verso la macchina fotografica e verso un uomo, in piedi, che la foto mostra solo dal bacino in giù.
Lei è molto bella, in un'ambientazione diversa potrebbe rappresentare un profumo di marca, un cosmetico qualsiasi.


Presumo che chi l'ha fotografata abbia cercato di offrire un'immagine evocativa: la donna indifesa, seduta a terra, con la faccia triste, e l'uomo minaccioso, senza volto, in piedi, che sovrasta su di lei.


Però a me l'immagine sembra così stonata.
Perchè l'immagine di donna che accompagna un articolo simile dev'essere una modella in posa? L'immagine che spesso hanno gli uomini delle donne, gnocca e disponibile per capirci, e non quella di una donna che possa davvero far capire di che cosa si parla?
Lo capisco che nella prima pagina di un quotidiano nazionale le foto di donne pestate, di lividi, lasciamo perdere di sangue o scene del crimine, non si possano mettere.
Però così ho paura che si alimenti l'immagine che ha in testa chi commette certe cose.

Certo la mente di chi ammazza una donna non ha bisogno di una foto più o meno azzeccata per accendersi e fare quello che fa. Ma se è vero che alla base di certi atti c'è il senso di possesso che l'uomo sviluppa verso "l'oggetto donna", anche elementi microscopici come una foto potrebbero aiutarlo a capire che la donna non è un oggetto, da nessun punto di vista.


(Sproloquio? Oggi va così).

venerdì 19 ottobre 2012

Cronaca di giorni marziani.

Ode alle giornate storte e agli uffici inutili!
Da un paio di giorni combatto una battaglia accanita contro il fato avverso e una serie imprecisata di impiegati utili come una pozzanghera di fango in mezzo alla strada quando hai le ballerine bianche.


Iniziamo con il tipo che non sapeva esistesse l'ufficio che cercavo. Ufficio il cui nome, peraltro, è inciso in una targa metallica grande come il mio culo molto evidente dalla strada. Al mio insistere, scusi sa ma è scritto pure lì sulla porta, ribatte pensoso: se lo dice lei, signorina, lo cercheremo insieme.
Perbacco! Un cavaliere che parte con me all'avventura! Frodo Baggins e Samwise Gamgee devono essersi sentiti proprio come me, alla inizio di questa impresa epica.
Dopo un minuto dalla partenza, una tipa dall'aria scazzatissima ci dice (a me e al suo collega, che ops! Sopresa, lavora proprio lì!) che per accedere all'ufficio bisogna passare dall'altra porta.
Quella con scritto "Ufficio Sport".

Pigolo che non capisco fissando il pavimento, ma come, io credevo... La targa diceva...
Rauss, giovane rompicoglioni, vai dall'altra parte.
E vado.

Qui un signore altrettanto pieno di buona volontà mi spiega che uh no, l'ufficio non è aperto il pomeriggio. Con tono fintamente coraggioso rispondo che il sito internet, quel maleducato, dice che l'ufficio chiude alle 4 di pomeriggio, ma lui ribatte occhieggiando intorno - giuro! - che l'ufficio è aperto, dopo pranzo, solo in casi "eccezionali"...
E fa pure il gesto con la mano, quello che indica "capisc' ammè".
Non voglio sapere se i casi eccezionali siano orge e simili, o semplicemente se lui sia il peggior comunicatore della storia.
Me ne vado.


Nell'ufficio successivo - una volta partita per la missione uffici io la porto avanti con rigore, neh, mica mi lascio scoraggiare! - trovo un raggio di sole. Parzialmente annuvolato.
La tipa è la vincitrice ufficiale di Miss Scazzo 2012, sbuffa a voce altissima in mezzo all'ufficio e leva da sotto gli occhi della gente carte che stanno ancora consultando. Però, ed è un però importante, mi da delle cose che mi servono, elenchi di agenzie e aziende di zona, e quindi le perdono anche quell'antipatico battere i tacchi sul pavimento che rompe tanto le palle a tutti.
Ma me ne vado in fretta, per proteggere le mie carte.


Spinta dall'illusoria idea che la sfiga si sia stancata di seguirmi in giro per la città stile maniaco, mi dirigo all'ultimo ufficio del mio elenco. E qui ricevo la peggiore delle impressioni (tutt'altro che positive) finora avute.
La tipa allo sportello mi fissa perplessa, come se non capisse le mie parole, la mia lingua. Le spiego che sarei interessata a parlare con un consulente per discutere alcune cose in tema di lavoro.
La sua risposta? Eh, ma non c'è.
Chi, il consulente?
No, il lavoro.

Non so nemmeno bene cosa ho risposto. Credo di aver insistito un attimo per spiegare che non ero lì perchè loro mi dessero un lavoro, ma per parlare con qualcuno che potesse avere un'idea della realtà cittadina un po' più precisa della mia, che sono qui da 10 giorni scarsi.
Risposta Non Pervenuta.


Volendo trovare in questo peregrinare inutile una qualche forma di senso, potrebbe essere: non affidarti a nessuna forma di aiuto, sostegno o impegno istituzionale.
Apparentemente non sono in grado di darne.


Vabbè, tutto serve. Anche le giornate storte.

Che poi mica va tutto storto! Ieri sera ho partecipato al mio primo Meeting qui, stasera vedo una vecchia amica dopo... mmmh, un sacco di tempo, e domani vado a trovare l'amicadell'incoraggiamento.

Manca solo 'sto cacchio di lavoro per dire che va tutto bene! :D

martedì 16 ottobre 2012

Sunny days.

La musica di Miles Davis mi tiene compagnia, la luce del sole mi batte sulla schiena, da dietro la tenda bianca. E' una bella giornata, una mattinata luminosa.

Sono in città da pochi giorni, e mi piace. Mentre la scorsa settimana è stata piovosa e nonostante i migliori propositi il tempo uggioso influenza il modo di percepire un po' tutto, da un paio di giorni tutto è bagnato nella luce chiara e fredda del sole. L'aria non si risparmia le basse temperature e la voglia di piumone la mattina mi morde le caviglie come un chihuahua rompipalle, ma mi sento bene.

La mia nuova casetta, luogo di rifugio e calore per i prossimi 2 mesi (poi si dovrebbe cambiare causa forza maggiore, ma 2 mesi sono un saaaaaacco di giorni a pensarci bene) è bella, colorata, ariosa. Da sul fiume, non proprio direttamente ma quasi, c'è solo una stradina sterrata fra il cancello e l'acqua, che sembra quasi ferma a vederla dal ponte ma poi da vicino non lo è.


In questa casa io organizzo le mie giornate, le ore di ricerca su internet di offerte e informazioni, poi esco e vado dove devo.

Mi sono data dei punti, non molti a dire il vero, diciamo delle linee guida da seguire per la ricerca di lavoro che -inutile dirlo- spero mi portino nel breve periodo a trovare qualcosa di buono.

. cercare sempre delle informazioni sulle società in cui porto il CV, tanto per differenziarmi un minimo dalla macchina-spara-CV che li lascia indifferentemente alla multinazionale e al tabacchino di quartiere - alla fiera del lavoro cui ho partecipato la scorsa settimana c'erano gruppi di persone che facevano la fila davanti a stand tipo Esselunga senza avere la minima idea di chi fossero o cosa facessero: come cacchio ti presenti per un lavoro se non sai manco cosa fa l'azienda?

. avere un atteggiamento positivo, ma positivo davvero. Se è vero come dicono i saggi che la nostra attitudine cambia tutto io non posso permettermi di sembrare impaurita, stanca, scazzata. Non posso proprio, questo è il momento di sfoderare sicurezza e convinzione, competenze e qualsiasi cosa buona possa venire in mente.

. non voglio dovermi sminuire, non voglio presentarmi ad un colloquio rispondendo "qualsiasi cosa" alla domanda "cosa sta cercando?" o "cosa pensa di poter fare per noi?". Non voglio perdere coraggio nè fiducia in me, nè sentirmi una specie di fallita.

Perchè stavo pensando proprio ora che non avere lavoro fa MALE.
Non è solo la mancanza di soldi e, conseguentemente, di indipendenza. Non è solo la voglia di vacanza o di qualcosa di nuovo che non si può soddisfare. E' il senso di inutilità, di mancanza di senso, di scopo. Se si hanno altre "cose" importanti come una casa da mandare avanti, una famiglia di cui occuparsi, allora forse è diverso, anche se non so se meglio o peggio.
Per me, che sono venuta apposta qui per trovare un lavoro, la mancanza è abbastanza totalizzante.
Fa sentire un po' bloccati.
Ad esempio avrei voglia di scrivere, di buttare giù la trama del libro che mi è venuto in mente (yup!) ma mi sento quasi in colpa a farlo, non è il momento, prima trova il lavoro, poi dedicati ad altro...
E così si rimandano tante cose, e si perde un po' della bellezza della vita.


Non voglio. Non voglio arrendermi a questi pensieri, voglio concentrarmi sulle possibilità, sulle cose migliori.

Domani incontro una persona nuova, sono già contenta a pensarci.

Voglio fare un album web di foto da mandare a casa, così le persone che amo possono condividere il posto in cui vivo.

Voglio prepararmi e uscire e mostrare al meglio ciò che sono. Perchè nessun potenziale datore di lavoro mi potrà far sentire una persona di scarso valore.

giovedì 11 ottobre 2012

Avevo dimenticato.

Sensazioni già note che si ripresentano, in situazioni analoghe, e ti fanno ricordare che ci sei già passata, che hai già affrontato certe cose, che ne sei già uscita vincente più di una volta.


Avevo dimenticato l'istante di vuoto allo stomaco di svegliarsi in una casa che non è tua, in un letto prestato per qualche giorno, assaporando quell'istante di panico mentre pensi: oddio, che sono venuta a fare qui? E non conta quanto hai voluto partire o quanto sia stata una tua decisione, quel momento arriva a prescindere.

Avevo dimenticato la mancanza di calore familiare dopo tanti mesi di vita a casa, il poter cercare liberamente manifestazioni di affetto come un gatto che ti si struscia alle caviglie, potersi aprire spiegando i dubbi e le paure e ricevendo sempre una parola giusta.

Avevo dimenticato quei dubbi e quelle paure di aver sbagliato strada un altra volta, di aver confuso un sogno con la realtà e di essersi imbarcata in una situazione tutt'altro che semplice, tutt'altro che chiara, tutt'altro che tutto.

Avevo dimenticato cosa vuol dire cercare di crearsi una vita quasi da zero in un contesto in cui tutti hanno già le loro vite, i loro ritmi, le loro priorità. E tu annaspi un attimo sentendo una solitudine non cercata e non voluta.

Avevo dimenticato anche, però, l'accoglienza disinteressata di persone che ti hanno visto una volta in vita loro e ti aprono casa, ti accolgono, ti raccontano, ti aiutano con le mappe e ti riempiono le mani di informazioni e indicazioni. Così, perchè sei tu e a loro fa piacere aiutarti.

Avevo dimenticato quanto una visita ai parenti e a certi splendidi amici, alla vigilia del nuovo inizio, potesse fare bene. Quanto le facce sorridenti e certe parole, vieni quando vuoi, fammi sapere come va, ricordati che per qualsiasi cosa ci siamo, siano preziose se dette con il cuore, facciano sentire davvero meno soli.



Avevo dimenticato le volte in cui mi sono già trovata in mezzo a certe correnti. Le sensazioni che pungono e il desiderio di richiudersi a riccio e aspettare che passi la paura.






Ma siccome la paura non passa, io ora mi scuoto un po' e passo all'attacco: mi trucco per sentirmi più bella, prendo i miei libri e le mie carte e vado, la città mi aspetta, l'ipod è carico, io pure.



Ah!


(ovviamente sono apertissima ad abbracci virtuali, ecco)

lunedì 1 ottobre 2012

Mi vedo.

Mesi di calma, anzi di caaaaaaaalma.
Quella calma che sa di lentezza fisica e mentale, di stimoli scarsi, di sogni che se non s'infrangono almeno si incrinano e fanno qualche crepa.
Che ti fa sentire come se sapessi di muffa.

E improvvisamente le cose non solo si muovono. Caracollano in avanti, con una rapidità che ti porta a decidere tutto quello che hai rimandato troppo a lungo.


Stamane ho trovato due mail.

La prima è di un'amica, che mi invita a partecipare ad un congresso sul lavoro che si terrà proprio nella città in cui voglio andare. 2 giorni di approfondimento e ricerca che, se anche non dovessero sfociare in nulla di concreto, mi daranno la possibilità di dare un'occhiata in giro. Mi sono iscritta all'istante.

La seconda è di un'altra amica che mi dice che una sua conoscente ha una camera libera in casa e potrebbe, per i primi mesi, affittarmela. Questo risolverebbe l'annoso problema contratto-sì, contratto-no, contratto-forse, anticipi e cauzioni e allacci  delle utenze e tutto il resto, almeno finchè non inizio a lavorare. Le ho scritto all'istante ringraziandola della disponibiltà e chiedendo maggiori info sulla casa, la posizione ecc.

[ho scritto "amiche" parlando di queste due donne così disposte ad aiutarmi. In verità una delle due non l'ho mai vista, è una conoscente di mia madre; l'altra è amica di mia zia, e io l'ho vista una sola volta in vita mia. Eppure le sento amiche, sento il loro supporto e l'aiuto che mi stanno dando. Senza ricevere nulla in cambio se non la mia gratitudine.]


E così, al contrario delle mie aspettative di affrontare il futuro piano piano e con profonde, serie (e spesso inutili) seghe mentali ponderazioni, ho deciso.
Questo fine settimana parto.
Vado su, vado via.

Ci sono solo poche cose da organizzare.
Domattina porto la macchina a fare il check up. Che si sa è sempre meglio partire col carburatore a posto.
Devo decidere cosa portare su, come organizzarmi. Non troppa roba, non so neppure quanto spazio avrò a disposizione e non voglio vivere come un'accampata.
Voglio salutare alcune persone, quelle che in questo anno e mezzo qui mi hanno fatto sentire bene, hanno parlato e riso e chiacchierato con me, si sono confrontate e mi hanno ascoltato quando scleravo. Voglio ringraziarle per la loro amicizia.


Improvvisamente mi vedo di nuovo viva, in movimento, piena di aspettative, con la voglia di vivere il futuro e non solo di rimuginarci su.


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