Certe cose non cambiano mai.
Altre, per fortuna, sì.

lunedì 30 aprile 2012

Gratuità.

Poche sere fa mi hanno raccontato una storia che mi ha colpito.
La condivido qui.


"Un uomo, di professione cammelliere, sente che si avvicina la sua ultima ora.
Decide quindi di fare testamento, e poco dopo muore.

Alla lettura del testamento, i suoi tre figli leggono il seguente messaggio:

Lascio ai miei figli i cammelli, mio unico avere, così suddivisi:
al primogenito, la metà degli animali;
al secondogenito, un quarto degli animali;
al terzogenito, un sesto degli animali.

I figli contano gli animali: sono undici.
Cominciano così a litigare fra loro, in maniera accesa.

Il primogenito cerca di prevalere sugli altri, dicendo: poichè nostro padre mi ha lasciato metà dei cammelli e non posso avere cinque cammelli e mezzo, ne prenderò sei.
I fratelli si oppongono, sostenendo che lui è già stato favorito dalla volontà paterna.

I tre si stanno ormai picchiando con rabbia, quando li incrocia un viandante.
Dopo essersi fatto spiegare la situazione relativa al testamento,
l'uomo fa un'offerta ai tre fratelli.

"Non possiedo altro che questo cammello, ma se serve per aiutarvi a risolvere la disputa
ve lo offro."

I fratelli, così, aggiungono il nuovo cammello ai loro 11 e li suddividono fra loro in questo modo:
il primogenito, avendo diritto a metà degli animali, ne prende 6;
il secondogenito, dovendo prendere un quarto degli animali, ne prende 3;
e l'ultimo fratello, a cui spetta un sesto degli animali, ne prende 2.

Dopo esserseli divisi i fratelli vedono che i 6 del primo, più i 3 del secondo e i 2 del terzo danno 11 animali.

Il viandante riprende così la propria bestia e se ne va."


Non so cosa mi abbia così colpito, ma mi è piaciuta moltissimo.

Mi ha fatto pensare che la gratuità, la capacità di mettere a disposizione senza un apparente beneficio ciò che si possiede e anche ciò che si è, sia una dote incredibile.

E' indice di saggezza, di comprensione che il nostro valore non viene dagli oggetti posseduti.

Come dice il saggio, "The most important things in life aren't things".


P.S. mi piace pensare che il viandante abbia visto che quegli sciroccati rischiavano di farsi fuori fra loro per uno mucchietto di bestie sputacchianti, e abbia offerto il suo animale sapendo che, visto il numero, sarebbe tornato da lui ;)

venerdì 20 aprile 2012

Le strategie (sbagliate).

In questi giorni ho avuto modo di affrontare con un paio di amici il discorso relativo ai dèmoni, cioè quelle funzioni interne o esterne a noi che ci allontanano dalla strada giusta.

Che poi è quella da percorrere per essere felici.

Ognuno di noi, davanti a uno scopo, un'azione da intraprendere o un desiderio da realizzare, si può trovare pieno di carica e di energia o abbattuto come un palloncino sgonfio.

L'ultimo periodo per me è stato più palloncino che altro, per questo ne parlavo con i miei amici.
E per questo, pensando a cosa mi abbia portato a non realizzare qualcosa nel passato, mi sono fatta l'elenco mentale delle strategie (sbagliate) messe in campo.

* non è il momento/il luogo giusto per questa cosa.
Questa è una delle più quotate; essendo per indole una girovaga con scarsa capacità di adattarsi ad un ambiente e piantarci radici, l'illusione del posto sbagliato che non permette di essere felici mi è particolarmente cara. Mi ci sono cullata per anni. In alcuni casi può anche essere stato vero, ma molto più spesso è stata una balla atomica.

* non sono pronta
Eccoci qui. E quando lo sarò, certamente il folletto della prontezza (...prontitudine? approntamento?) verrà a suonarmi la porta con una schiera di ancelle che suonano la fanfara, per avvisarmi di aver raggiunto il momento in cui invece sì che sono pronta. Tipo timer del forno con la torta che cuoce. La verità è che spesso non si è pronti per paura di fallire, non per un'effettiva carenza di capacità.

* non m'interessava neanche così tanto
Evvaiiiiii! Non fa  tenerezza? Ho fallito, o forse non ho nemmeno provato ad avere successo, ma tanto chissene, mica ci tenevo! Mica era importante! (mica ci pensavo appena sveglia, e ne parlavo anche ai lampioni.) Mentre lo penso, idealmente sto fissando il fondo di un bicchiere vuoto, da cui ho bevuto qualcosa che non era Fanta.

* ...ma la prossima volta andrà diversamente.
Ho già detto che sono iscritta al club "Procrastinatori del mondo unitevi! ...domani"? No perchè se c'è da rimandare, da far passare il tempo, da trovarsi impegni che purtroppo non fanno realizzare lo scopo principale io sono una maga. Mi hanno proposto la presidenza onoraria, ci sto riflettendo su. Nel frattempo però mi faccio i filmini su come la prossima volta sì che andrà bene, intanto questa qui pazienza, il tempo... le persone... le condizioni avverse... bla bla bla.


Non è facile ammettere di essere la prima causa dei miei insuccessi, o della scarsa soddisfazione nel realizzare certe cose perchè non erano quelle che volevo.
Mi fa sentire un po' pirla, detta onestamente.
E sto provando a tirarle fuori per evitare di commetterle di nuovo, in futuro, magari con qualcosa a cui tengo davvero.


Siccome sto cercando ispirazioni nella mia saggezza e in quella degli altri, e visto che l'ispirazione può venire da tanti posti diversi, al momento salto in piscina con l'amato Frank'nFurter e mi dico

Don't dream it, be it!




mercoledì 11 aprile 2012

La perplessità vi prego sull'amore.

Partendo dal presupposto che fra una settimana festeggio i miei ultimi 4 anni di singletudine (ci sto meditando su un post, devo dirlo) non mi considero un'espertona di relazioni sentimentali, anzi.
Diciamo che le mie sono state positive, secondo me; questo nonostante siano tutte finite.
O forse proprio per quello ;)

Non volevo comunque ammosciare l'anima di nessuno con aforismi e anuerismi delle mie love stories. Negli ultimi giorni mi è capitato di confrontarmi con persone che mi hanno fatto pensare ad alcune cose legate ai rapporti, ed eccomi qui a condividerle.









La fedeltà.
"Non serve essere fedeli a un uomo o a una donna, si dev'essere fedeli all'idea dell'amore".
La mia amica C. me l'ha detto l'altro giorno, e sono rimasta lì a rimuginarci su come una statua. Ferma ferma, con la faccia corrucciata.
Dunque, se io ho una relazione di tipo diciamo stabile, significa che scelgo quella persona fra taaaante altre, quindi nel contrattino-non-detto ci potrebbe essere anche la clausola non ti piazzo le corna (io ti ascolto quando racconti le innumerevoli sclerate col capo stronzo-tu mi massaggi i piedi quando ho portato troppo i tacchi-io tengo i figli quando giochi a calcetto-tu li tieni quando vado al cinema con la mia BFF-io cucino per tua madre quando viene qui anche se critica tutto-tu non mi piazzi palchi di corna modello cervo a primavera. Per dire.)

Non sono certa di apprezzare o no la cosa. Da single questo aspetto mi piace molto ;)
Per esperienza mi sono convinta che le corna recidano alla base la fiducia, e senza questa di che parliamo in una relazione? Quindi direi che la fedeltà conta, eccome.
Ma non posso negare di essere affascinata da quest'idea di fedeltà a se stessi prima di tutto. La relazione non è una ricerca di felicità e realizzazione per sé? Quindi, nel momento in cui queste vengono a mancare, l'eventuale infedeltà non potrebbe rientrare nell'accettabile "non ero più felice e mi sono dedicata a me stessa, piuttosto che a noi?"
Ai posteri l'ardua sentenza.


La responsabilità.
"In una relazione non ti puoi far carico solo del tuo progresso, devi essere responsabile di quello di entrambi". Questo mi è stato detto qualche sera fa da un uomo con aria seria e decisa, e pure lì sono rimasta un po' di sale a pensarci.
Quindi. Ognuno di noi sa quanto sia impegnativo crescere, prendere certe decisioni, muoversi in alcune direzioni. Il progresso costa fatica e impegno e stanchezza e frustrazione e tante altre cose. Certo, si è ripagati dalla consapevolezza di farlo bene, per se stessi e per chi si ama (se c'è).
E se la relazione che si sta portando avanti non aiuta a cambiare, a crescere? Se la persona con cui si sta punta i piedi per restare come si è, e non permette alcun movimento?
Fino a quando è giusto (parola orrenda) caricarsi l'altro a corpo morto in spalla per obbligarlo a cambiare un po'? Non sarebbe meglio passare da Crudelia Demon dell'anno e abbandonare al suo triste destino l'àncora che non permette alla nave di lasciare il porto?


La condivisione.
"Abbiamo deciso di non nasconderci nulla".
Sto pensando a queste parole da giorni. Quando in una relazione si decide di non nascondersi a vicenda nulla, quanti rischi di litigi e incomprensioni e scazzi ci sono in agguato? Millemila.
Io sono sempre stata un po' gelosa di me, ovvero di alcuni miei spazi. Ci sono angoletti miei in cui non si viene invitati ad entrare. Sono quelli in cui le miei paranoie si sfilacciano libere, le mie paure hanno campo aperto, i miei dubbi sono liberi di piantare le tende finchè non vengono cacciati dalla ragione o da nuove perplessità più forti di loro.
Non so se tutti ne abbiano, di questi angoli, e francamente me ne infischio (oh Rett!)
Ma non credo, anzi spero, che incontrerò mai un uomo che mi farà sognare di condividere tutto. Tutto.
Anche i pensieri che nemmeno riesco a formulare con chiarezza a me stessa, e quindi verrebbero espressi in modo approssimativo e sconclusionato. Anche gli aspetti poco belli di me, quelli che mi piace tenere un po' in ombra per far emergere parti migliori. Anche i momenti in cui mi siedo per terra e decido che la cosa migliore sia ficcarmi le cuffie nelle orecchie e fare lalalà fingendo che la vita sia in pausa-riflessione.
La condivisione spinta all'eccesso per me è eliminare se stessi per far vivere solo un NOI di cui un giorno ci si potrebbe stancare. Mi spaventa.


Forse il fatto che io sia single è tutt'altro che casuale.

mercoledì 4 aprile 2012

Piacere di conoscermi.

- Non puoi decidere cosa ami o odi, cosa ti piace fare e quali mete vuoi raggiungere finchè non ti conosci. Finchè non sai chi sei.

- Eh, ma che significa conoscersi? Io mi conosco, figurati, che ci vuole...

- Non è la cosa più scontata al mondo, sai? Conoscersi è tutt'altro che facile. Innanzitutto quando incontri una persona che non ti piace puoi sempre dire: "chi mi obbliga a starti vicino? Me ne vado!" Ma se non ti piaci tu? Che fai, te ne vai da te? Non puoi.

- Beh che c'entra, io mi piaccio, e se non mi piaccio cambio, è facile.

- Beato te che lo trovi facile. Io lavoro da anni su me stessa, sto imparando a conoscermi e ti assicuro che cose che non mi piacevano prima sono ancora lì, presenti come un rinoceronte dipinto a pois in mezzo alla stanza. Cambiare se stessi è difficile.

- Vabbè, comunque. Io mi conosco, dai, non è questo il problema. Ma poi, come mi dovrei conoscere? Piacere, sono io? Non farmi ridere...


- Come la conosci una persona nuova? Dai, dimmelo. Ci passi del tempo assieme. Le dedichi attenzione, ascolto, la scopri, la osservi, la annusi, tutto quello che vuoi. Ma ci vuole cura per conoscere ogni persona che incontri: non puoi farlo mentre sei perso in altre cose.

- Cioè?

- Beh, se io e te non ci conoscessimo e andassimo insieme al cinema, o allo stadio, alla fine della serata non sapremmo molto di più l'uno dell'altro. Sì, io saprei che se la squadra avversaria fa gol tu bestemmi, tu sapresti che i film horror non fanno per me. Ma non ci saremmo conosciuti affatto. Conoscersi è darsi tempo di scoprire l'altro, cose belle o brutte. E più la conoscenza aumenta, più cresce anche la percezione dell'effetto che l'altro ha su di te. Una persona a cui mi affeziono, a cui tengo, che chiamo amica, avrà un'influenza maggiore su me stesso, no?

- Boh, credo.  Sì, va bene, sì. Ma non capisco che c'entri col conoscere se stessi.

- Per conoscere me stesso io devo dedicarmi le stesse attenzioni e cure che dedicherei a conoscere  chiunque altro. Ascoltarmi, capire chi sono, come sono arrivato qui dove mi trovo, se sono felice di ciò che affronto e perchè; cosa mi spaventa, cosa mi dà forza e mi fa andare avanti, cosa mi scoraggia e mi fa cedere. Cosa amo, cosa voglio. Chi sono.

- Beh ma tutti sanno chi sono.

- Ok. Quanto tempo dedichi a te stesso? Se ti senti abbattuto, senza senso, te lo concedi il tempo di capire cosa ti abbia ridotto così o no? Se ti senti felice, sai perchè o ti basta la sensazione? Quando ti innamori, sai cosa ti fa amare l'altra persona o è solo un generico senso di riempimento della vita?

- Quant'è complicato tutto! Che ne so...

- Io ci sto provando; non ti nego che ci sono giorni in cui non mi riconosco, in cui le sorprese che mi faccio non sono piacevoli o divertenti, e altri in cui mi stupisco per la forza che ho e per le mie capacità. Niente, comunque, vale quanto il fatto di scoprire me stessa. E lo sai perchè?

- Perchè sei oh-così-in-gamba?

- No, pirla. Perchè se non mi scopro io nessuno lo farà per me. Perchè se non imparo io cosa voglio, non troverò mai nessuno disposto a darmelo. Perchè se non so chi o che cosa amo continuerò a dondolare fra relazioni insoddisfacenti, lavori che mi fanno vomitare e situazioni personali deludenti.
Conoscermi mi fa apprezzare di più chi sono, le mie forze e le mie debolezze, e imparo ad accettare anche quelle visto che non posso lottare per la perfezione. *



* è un dialogo mentale che sto tentando di trovare la forza per affrontare, e rendere reale.



By the way,



a tutti, buone feste, tante risate e mangiate in compagnia.
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