Una delle cronache familiari che più mi fa sorridere, quando ci penso, è la chiacchierata fra me e mia cugina prima di partire per l'interrail insieme.
Siamo entrambe all'università, ognuna di noi alle prese con un periodo pesante (rapporti di coppia esplosi, esami che tartassano, stanchezza diffusa e casini vari) e un bisogno di fuga impellente, e chiacchierando in tono semi-isterico le dico "sono talmente fuori fase che piango per tutto, devo avere una perdita di lacrime in corso, non mi sopporto più!" e lei mi risponde comprensiva "non dirmelo, l'altro giorno sono scoppiata a piangere vedendo la pubblicità del cagnolino che corre dietro la carta igienica!"
Per capirci, lui.
A quel punto ovviamente ci è venuto da ridere, commentando quanto fossimo assolutamente alla frutta.
In questi giorni mi sembra di essere tornata indietro nel tempo.
Mi ritrovo a pensare cose pesantissime - non che ci voglia molto visto il periodo, apri un giornale e inizia a leggere una pagina a caso - e a piangerci su con un senso di impotenza che mi schiaccia e non so come sbattere via.
Il cane della Scottex non mi tocca più di tanto, ma il resto mi sembra un mare di melma di colore orrido da cui non si può uscire.
Stamattina ho letto la mail di un'amica, cui avevo scritto pochi giorni fa raccontandole un po' come andavano le cose. Le chiedevo anche come stessero andando a lei, e se era felice.
La sua risposta mi ha fatto pensare tanto.
Mi ha scritto che la felicità è riconoscere, anche quando si è tristi, il valore della propria vita; e credere profondamente che si è in grado di realizzare quello che abbiamo nel cuore.
Mi sono detta che in questo momento non è il non avere un lavoro, o un posto mio, o un compagno vicino, o dei nanetti in giro per casa che mi chiamano mamma urlando a millemila decibel, o la bicicletta che volevo comprarmio o sa il cielo cos'altro mi manchi; non è tutto questo, a farmi star male.
E' il non sentire profondamente il senso della mia vita, la capacità di svoltare, se voglio, in una direzione diversa.
Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni.
L'ha detto Eleonor Roosvelt, e la prima volta che l'ho letto mi sono detta: e quindi se non credo a niente, se i miei sogni mi sembrano carta straccia, le mie aspirazioni irrealizzibili, le mie ambizione troppo sciocche per parlarne, i miei desideri sconfinati e le mie abilità assolutamente insufficienti, che razza di futuro mi sto creando?
Che possibilità di riuscita ha chi per primo non crede in se stesso?
Alla mia amica vorrei dire grazie mille volte, per avermi ricordato che la felicità non è essere allegri e gioisi sempre, né vivere col sorriso stampato in faccia 24/7.
Ma ricordarsi, anche quando si piange, che si è comunque su una strada che si è scelto di percorrere e che la si sta facendo per arrivare ad una grande, immensa felicità.
5 commenti:
Si, tina, credo tu abbia ragione. Felicità non è essere sorridenti, ma fare scelte che ritieni giuste.
E' un punto importante. E' la discriminante fra accontentarsi e voler andare avanti, indipendentemente dal fatto che si arrivi dove si desidera. In effetti, sei felice mentre percorri la strada per crearti la felicità, forse più di quando ci arrivi.
Molto meglio di me lo raccontava Leopardi, e chissà quanti altri. A volte può sembrare un modo nichilista di veder la vita, io credo invece che sia l'essenza.
Dovessi guardare crudamente la mia vita, sarebbe assai desolante. Eppure mi sento felice, perché, nei miei errori, percorro la strada che desidero. Non raggiungerò quello che sogno? Pazienza, ma godrò di quello che trovo per strada pur sapendo che non è il mio sogno, il graal come mi dice qualcuno...
mi piace moltissimo quando dici "dovessi guardare crudamente la mia vita, sarebbe assai desolante". io in tanti momenti affronto questa specie di ansia da le cose non stanno andando come io le vorrei, sono impantanata. o non mi piaccio. o non mi sento realizzata. e penso a come mi vedano gli altri dall'esterno, sapendo che in altri momenti sono stata io a giudicare erroneamente la vita degli altri dicendo ma che vita assurda fa quella persona.
insomma, capisco il tuo pensiero, ma è vero anche che siamo noi a doverci trovare un senso, mica gli altri.
grazie imatig!
... ci vorrebbe forse un interrail? :)
purtroppo temo che sia passato il tempo in cui il cambio momentaneo di prospettive risolveva tutti i problemi, ma sul giudizio posso dirti, chettifrega? Chettifrega di come gli altri possano prendere le tue scelte... io ammiro il coraggio che hai avuto, e in un certo senso invidio la libertà che hai ottenuto a grande costo...
un abbraccio grande
Sai, tina, le cose si spera sempre vadano come si desidera, ma non sempre funziona così. Dalle piccole cose, alle grandi.
L'altro giorno ho montato il lampadario con le pale sopra il letto, ho dovuto montarlo e smontarlo non so quante volte, perché sempre dimenticavo qualcosa. Ma alla fine è su. Il lampadario è una metafora della vita: si cerca di fare andar le cose giuste, sempre. Sai anche di saperlo fare, ma per migliaia di ragioni non succede. Ti incazzi, ma alla fine sei tu la misura di te stesso. Il mio lampadario a me va bene così. Ad altri non piacerà. E allora? si attacchino!
Non è quello ideale che ho in mente? Quando lo troverò vedrò se alla fine l'ideale è così bello...
Spesso non ci si piace, soprattutto se si ha una forte componente autocritica. Ma si impara, si desidera, si vuole amarsi. Magari ci si mettono anni, ma lo si fa.
Un abbraccio!
n., purtroppo un cambio di orizzonte (specie se momentaneo) non risolverebbe nulla. lo so, ci sono arrivata dopo innumerevoli traslochi, un paio fatti anche col tuo aiuto :)
è che in certi momenti il non sapere come muoversi rende immobili. per un po' ci si dibatte in modo confuso e disorganizzato, poi poco per volta ci si ferma. ecco, io mi sto fermando, e quello per me è davvero pesante. si tratta solo di ripartire, no?
abbraccio anche a te ;)
imatig, è vero quello che dici. la misura di noi stessi siamo noi.
fra i miei tanti pregi c'è la paura di essere autoreferenziale. cioè io decido quello che riguarda me stessa, e spesso, anzi quasi sempre, io metto su il precesso sempre a me stessa in cui accusarmi di ciò che non ha fatto andare le cose come le avrei volute.
sto affrontando una specie di crisi di fede in me stessa. non è piacevole, ma alla fine si starà meglio (si spera).
grazie, un abbraccio!
oh ma se un giorno di scrivo una mail così si chiacchiera con un po' + di calma? ^_^
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